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BRUSSELS FILM FESTIVAL 2013

90 Minutes: l'inferno dietro il benessere nordico

di 

- Il secondo film della norvegese Eva Sørhaug è presentato in concorso al Brussels Film Festival, cominciato ieri sera e in programma fino al 26 giugno

Dodici pellicole europee saranno presentate in concorso all'11° Brussels Film Festival, cominciato ieri sera con la proiezione dell'apprezzatissimo film danese A Hijacking [+leggi anche:
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intervista: Tobias Lindholm
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di Tobias Lindholm, e in programma fino al 26 giugno. Sempre dai paesi nordici arriva oggi 90 Minutes [+leggi anche:
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, un'opera poderosa scritta e diretta dalla norvegese Eva Sørhaug (leggi l'intervista), che nel 2008 debuttò nel lungometraggio con Cold Lunch [+leggi anche:
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Con un impianto trittico che privilegia la frammentazione narrativa, il film segue tre uomini che, in 90 minuti, cambieranno le loro vite e quella delle loro mogli in modo irreparabile. La connessione tra i personaggi maschili delle tre storie non è né familiare né affettiva, bensì tematica: la violenza coniugale.

Eva Sørhaug intende mostrare l'inferno cui sono esposte le donne, ben al di là dell'apparente perfezione decorativa delle loro case. In una delle storie, un anziano dirigente decide di avvelenare la moglie, preparandole l'ultima cena. In un'altra, un poliziotto non riesce a sopportare la rottura familiare. Nella terza, un tossicodipendente frustrato segrega sua moglie e abusa di lei mentre il loro bambino non smette di piangere.

Molto poco sappiamo di queste donne che non sembrano avere una vita emotiva oltre l'inevitabile etichetta di vittima. E' così perché la regista preferisce concentrarsi sui mariti tormentati, anche senza approfondire le loro motivazioni: Sørhaug suggerisce le cause, non le esplicita. L'unica cosa esplicita qui è la violenza, mostrata con una crudezza che rende il film poco raccomandabile per stomaci delicati.

Bjørn Floberg colpisce per l'angoscioso contegno che imprime a quest'uomo che architetta l'avvelenamento di sua moglie, mentre le interpretazioni di Mads Ousdal e di Aksel Hennie sono più viscerali ed esplosive.  

Girato per lo più in interni (in case benestanti, elegantemente arredate e con cucine funzionali), 90 Minutes gode della sofisticata direzione della fotografia di Harald Gunnar Palgaard, che trasforma le limitazioni fisiche dello girare quasi totalmente a porta chiusa in un trionfo narrativo. La scelta di inquadrature larghe che si alternano con primi piani contribuisce alla tensione e alla suspense della storia: la cinepresa è un testimone a volte casto, a volte spudorato, di una violenza tante volte taciuta per la vergogna o per una presunta supremazia maschile.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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