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LONDRA 2013

Sixteen: sopravvivere alla giungla urbana

di 

- La storia potente di un ex bambino soldato segna un importante debutto con Roger Jean Nsengiyumva e Rachael Stirling

Sixteen: sopravvivere alla giungla urbana

Il corto Silent Things dello scrittore e regista Rob Brown è stato proposto in anteprima al 40° International Film Festival Rotterdam 2011 e ha conquistato il Premio New Arrivals. Lo script del suo debutto Sixteen [+leggi anche:
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è stato selezionato fra 400 per un reading al Bafta Rocliffe New Writing Forum dell’Edinburgh International Film Festival 2011. Quello script è divenuto adesso un lungometraggio d’esordio.

Jumah (Roger Jean Nsengiyumva, Africa United [+leggi anche:
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), 16 anni fra due giorni, è un ragazzo problematico. Ex bambino soldato in Congo, lavora ora con la madre adottiva, la volontaria Laura (Rachael Stirling, Salmon Fishing In The Yemen [+leggi anche:
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) per controllare le violente reazioni che lo hanno già portato all’espulsione da varie scuole. Ma un guerriero è sempre un guerriero, e il suo disaccordo con i ragazzi della scuola lo ha visto prima col naso rotto e poi dal preside per un’ultima possibilità dopo le suppliche di Laura. Jumah dovrà comportarsi bene se vuole completare la formazione scolastica e avere speranze per il futuro. Le cose sono ormai esacerbate quando il ragazzo è testimone oculare di un accoltellamento mortale  compiuto da un compagno di classe che lavora per un boss del posto. Jumah dovrà scegliere fra la verità e il tradimento del compagno, che non ama particolarmente, o il soccombere alle pressioni sulla sua famiglia da parte del boss e il silenzio. A complicare le cose per Jumah c’è anche la nascente relazione (e i tumulti ormonali) con la compagna di classe Chloe (Rosie Day, The Seasoning House). Il ragazzo dovrà inoltre trovare un modo per avviare l’insolita professione che vorrebbe intraprendere, quella del parrucchiere.

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Sixteen è uno sguardo tranquillo e pacato al thriller urbano: la minaccia arriva dai silenzi e dalle minacce sussurrate più che da confronti urlati. E anche se Londra è una metropoli pulsante, il mondo di Sixteen è stranamente silenzioso e tutti i personaggi sembrano vivere sotto il peso di una paura che non ha nome. Questa è la vera Londra, una città lontana dagli eccessi delle immagini da cartolina di Richard Curtis, un luogo che il turista medio non vedrà mai. Brown è eccezionale nella creazione di un universo nel quale i simboli emblematici della città — gli autobus rossi e le insegne rosse, blu e bianche della metropolitana, si vedono sempre in lontananza. Jumah ha scambiato la jungla africana con quella urbana, e ad abitare questo universo è un cast di personaggi assolutamente credibili. Nsengiyumva riesce a trasmettere ottimamente tutta la confusione della sua età, la sua storia passata e la situazione attuale, e Stirling a raccontare la frustrazione e l’amore che Laura sente. La forza di un buon filmmaker risiede nella creazione di un mondo unico, nel quale il pubblico possa vivere per un periodo di tempo. Alfonso Cuaron lo ha fatto per lo spettacolare (e ad alto budget) Gravity [+leggi anche:
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— all’estremità opposta Brown ci riesce con Sixteen.

Sixteen è prodotto da Seize Films con fondi raccolti attraverso Kickstarter.

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(Tradotto dall'inglese)

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