email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2014 Concorso

Inbetween Worlds, la scelta morale

di 

- Feo Aladag torna a Berlino, stavolta in concorso, con un secondo lungometraggio che conferma, con l'intensità delle sue ellissi, la sua sicurezza e il suo talento di narratrice

Inbetween Worlds, la scelta morale

Ci vuole sicurezza, in un film, per non sentirsi obbligati a spiegare tutto e per costruire i propri personaggi tanto profondamente da non aver bisogno di troppe parole per esprimere la complessità di ciò che capita loro sullo schermo. Il primo film da regista dell'attrice Feo Aladag, When We Leave [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Feo Aladag
intervista: Feo Aladag
scheda film
]
(che ha vinto il Label Europa Cinémas al Panorama di Berlino nel 2010 prima di aggiudicarsi il prestigioso Premio LUX), era già sorprendente per la maturità e la misura con cui esprimeva in tutte le sue sfumature il dilemma impossibile di una donna turca costretta a scegliere tra la sua famiglia e il suo bisogno di sfuggire alle tradizioni. Il suo secondo lungometraggio, Inbetween Worlds [+leggi anche:
trailer
intervista: Feo Aladag
scheda film
]
, stavolta in concorso, affronta nuovamente il tema della lacerazione tra due mondi (il titolo internazionale del film gioca con l'idea che ci siano anche "mondi di mezzo") ed evita ogni manicheismo con altrettanta abilità, lasciando che l'importanza della posta in gioco si esprima nei silenzi, tra le righe.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Quando vedi un uomo che si è appena infilato i pantaloni mimetici seduto sul bordo del suo letto guardare con aria cupa e risoluta un orologio che maneggia affettuosamente prima di lasciarlo scivolare in valigia, l'immagine è abbastanza eloquente per caricare di senso il breve dialogo che segue tra questo comandante della sezione tedesca dell'ISAF spedito di nuovo in Afghanistan e il suo superiore: "Perché ha accettato di ripartire?", "Perché sono gli ordini". "Avrebbe potuto dire di no", "Ma non l'ho fatto". Così, Jesper (Ronald Zehrfeld, il medico di Barbara) raggiunge un campo gestito dalla milizia arbaki locale per aiutarla nella lotta contro i talebani, non senza aver prima ingaggiato un interprete, il giovane Tarik (Mohsin Ahmady), che di solito insegna inglese ai bambini ma che corre il rischio di passare per "traditore" per ottenere il visto per sé e sua sorella studentessa.

Dal suo arrivo al campo, la presenza del giovane uomo sembra la materializzazione delle profonde differenze tra i militari perfettamente addestrati, rispettosi del protocollo, e i Iocali che lottano da sempre e hanno visto andare e venire troppe truppe alleate per accettare che vengano rimessi in questione i loro metodi e le loro priorità ("Tu hai l'orologio, noi abbiamo il tempo", dice a Jesper il capo arbaki). Ma mano a mano che l'interprete esile e sorridente e il comandante tedesco serio e di spalle larghe imparano a conoscersi, si può leggere nei occhi generosi di Jesper (da sottolineare la bellezza dello scambio di sguardi, scambi silenziosi che sono anche la forma di comunicazione più intensa) la consapevolezza che ai suoi superiori non importi nulla dei locali e delle loro esigenze (il vero motivo per cui dovrebbero essere lì), e che la pattuglia che comanda e gli arbaki siano dalla stessa parte contro coloro che dirigono le operazioni da lontano.

Per Jesper, i rischi che corrono questi uomini sono accettabili solo se arrivano veramente a fare la differenza, ad aiutare, altrimenti ogni sforzo è vano, e le decisioni difficili che si ritrova a prendere sono tollerabili solo se corrispondono all'unica strada che non contravvenga al suo dovere morale, che prevale necessariamente su tutti gli altri, compreso il suo dovere di subordinazione – "Non ho scelta", dice prendendo la decisione che non vogliono che prenda. Aladag non lascia intravederne le conseguenze che in modo ellittico, perché un uomo va giudicato solo in base alle sue scelte, non per le loro ripercussioni, e questa sicurezza che mostra nella sua narrazione è qualcosa di raro, e alquanto suberbo.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy