email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

CANNES 2014 Concorso

The Search: messaggio anti-guerra dopo la battaglia

di 

- CANNES 2014: Michel Hazanavicius rompe l'indifferenza dinanzi alla tragedia cecena in un melodramma ambizioso che non supera tutti gli ostacoli del genere

The Search: messaggio anti-guerra dopo la battaglia

Denunciare il circolo vizioso dei conflitti armati, la violenza cieca esercitata contro le popolazioni civili, la perdita d'umanità dei soldati e la prudenza colpevole della diplomazia internazionale, mettendo al contempo in luce l'abnegazione delle organizzazioni umanitarie e di difesa dei diritti dell'uomo, è un'intento più che lodevole del cineasta francese Michel Hazanavicius, che si sarebbe potuto adagiare su qualcosa di meno rischioso dopo il trionfo di The Artist.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Con The Search, presentato in concorso al 67mo Festival di Cannes, il regista assolve benissimo il suo ruolo di messaggero di una giusta causa, ma le altissime ambizioni del film producono un risultato paradossale, con un insieme di innegabile veracità che emana pertanto un'impressione indefinibile di artificio, in un'alternanza di sequenze molto forti, commoventi e/o sconvolgenti con altre rese un po' ripetitive dalla volontà di dire tanto e affondare la mano. Al di sotto delle aspettative per alcuni e atteso al varco dagli invidiosi, il film mantiene comunque un grande respiro incrociando le traiettorie dei tre personaggi principali nel cuore di una guerra senza fine. E la patina commerciale con cui è confezionato non cancella la giustezza del messaggio, incarnato negli occhi di un bambino precipitato nel vortice dei crimini gratuiti e impuniti.

"Benvenuta in un grosso paese di merda: la Cecenia". Lo schermo di una videocamera amatoriale riporta la data del 16/10/99 e la voce di un soldato russo commenta in diretta le atrocità commesse (al grido di "Viva la grande Russia") su civili qualificati ironicamente come terroristi (e trattati come "culi neri") prima di essere freddamente giustiziati. Dalla sua finestra, Hadji (Abdul Khalim Mamatsuevi), un ragazzino di nove anni e mezzo, assiste all'uccisione dei suoi genitori. Tiene in braccio il fratellino piccolo. In fuga dai soldati, vagabonda per le strade, nascondendosi dalle file di carri armati. Totalmente indifeso, finisce per abbandonare suo fratello all'ingresso di una casa, dopo aver verificato che è abitata da ceceni. In silenzio, si imbarca nell'esodo delle popolazioni locali fino a Nazran, in Inguscezia, nel territorio della Federazione Russa, dove la francese Carole (Bérénice Bejo) raccoglie testimonianze per la commissione dei Diritti dell'uomo dell'Unione europea. I destini di Hadji e di Carole si incontrano, mentre la sorella maggiore del bambino lo cerca disperatamente fino alla missione locale della Croce Rossa guidata da Helen (Annette Benning).

Dai check-point ai campi profughi, dalle peregrinazioni dell'orfano terrorizzato dai soldati alle telefonate di Carole per tentare di scuotere la burocrazia politica europea, il film fa il ritratto della disperazione e dei piccoli passi verso una rinascita alla vita. Ma si immerge anche, parallelamente, nell'esercito russo con l'iniziazione alla guerra di Kolia (Maxim Emelianov), arruolato a forza per evitare il carcere per possesso di cannabis e che sarà addestrato brutalmente alla rinuncia dei propri principi per entrare nell'Ade del conflitto. Un inferno eterno di cui Michel Hazanavicius illustra le conseguenze in uno stile, certo, troppo sentimentale, ma il cui umanismo è indiscutibile.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy