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FESTIVAL Danimarca

Una varietà di sedi per il CPH:DOX

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- Il 13° Copenhagen International Documentary Film Festival proietterà i film in un bar e in una moschea, e ha aggiunto al programma il nuovo film sui Blur

Una varietà di sedi per il CPH:DOX
Blur: New World Towers di Sam Wrench

Di scena dal 5 al 15 novembre, il 13° CPH:DOX - Copenhagen International Documentary Film Festival - ora terza maggiore vetrina per documentari del mondo - non interesserà solo la capitale danese, ma porterà film del suo programma anche in altre 23 sale della regione. La direttrice del festival Tine Fischer ha inoltre scelto alcuni luoghi piuttosto speciali per le proiezioni del CPH:DOX: nella nuova Moschea Imam Ali proietterà Muhammad: The Messenger of God del regista iraniano Majid Majidi e A Sinner in Mecca del regista saudita Parvez Sharma.

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La Chiesa Absalons ha una line-up più variegata, con titoli di registi danesi come A Place Called Lloyd di Sebastian Cordes, Flotel Europa [+leggi anche:
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di Vladimir Tomic e Josefine’s Farm di Emil Langballe (co-diretto da Andrea Storm Henriksen e Fredrik Bondesen).

Le proiezioni si terranno anche al Teatro Reale Danese (dove i protagonisti saranno il mare, le barche e i burattini), e al Kayak Bar sotto il ponte Knippelsbro (con l'acqua come tema). L'ex Teatro Triangle, una tenda nel Giardino del Re, e gli appartamenti 8Tallet sono inoltre inclusi tra i luoghi delle proiezioni.

Due aggiunte tardive al programma saranno presentate più tradizionalmente: Blur: New World Towers del regista britannico Sam Wrench, che mette in luce la reunion della band inglese dopo 16 anni (al Grand Theatre, il 5 novembre), e Out and Bad dei registi britannici Daisy-May Hudson e Kartel Brown, che tratta la cultura dancehall nel Regno Unito (ad Absalon il 7 novembre).

In F:ACT, il festival esplorerà per il terzo anno l'intersezione tra documentario e giornalismo investigativo. La sezione si apre oggi (4 novembre) con Motley’s Law della regista danese Nicole Horanyi, che narra dell'avvocato americano Kimberley Motley, la quale ha lasciato il marito e i tre figli negli Stati Uniti per andare a lavorare come avvocato per i diritti umani nella capitale afghana di Kabul per otto anni.

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(Tradotto dall'inglese)

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