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BERLINALE 2016 Concorso

Fuocoammare si affaccia sulla porta per l’Occidente

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- BERLINO 2016: Il regista Gianfranco Rosi, Leone d’Oro a Venezia con Sacro GRA, si è stabilito per più di un anno sull’isola di Lampedusa per girare il suo nuovo documentario

Fuocoammare si affaccia sulla porta per l’Occidente

Facile ricevere così tanti applausi dalla platea della Berlinale con un documentario su un argomento, l’immigrazione, che sta spaccando in due l’Europa. Eppure Fuocoammare [+leggi anche:
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, in concorso al festival, sembra aver scaldato cuori e occhi soprattutto per come è realizzato. Sottile, asciutto, ma di respiro ampio, con la passione richiesta per affrontare questa immane tragedia ma la distanza necessaria per fissare lo sguardo senza le trappole della compassione. 

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Lampedusa, come recita il laconico e spietato cartello che apre il film, è un’isola nel Mediterraneo che misura 20 km quadrati e 6mila abitanti. Dista 113 km dall’Africa e 205 dalla Sicilia. In vent’anni hanno tentato di sbarcare sulle sue spiagge 400mila migranti. 15mila sono morti nel tentativo. Il regista Gianfranco Rosi, Leone d’Oro a Venezia con Sacro GRA [+leggi anche:
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, si è stabilito per più di un anno su quest’isola per girare il suo nuovo documentario.

Fuocoammare si apre su un bambino di 12 anni, Samuele, figlio di pescatori, ripreso mentre si costruisce una fionda con un ramo di pino marittimo che sbuca da un terreno aspro e roccioso. La natura dell’isola sarà un elemento dominante nel film. Le rocce a picco sul mare, le onde minacciose sopra un’acqua purissima e profonda, le improvvise burrasche annunciate dai tuoni, un cielo azzurrissimo che diventa nero.  Dopo avere introdotto il piccolo protagonista, Rosi ci assesta subito il primo pugno nello stomaco, e lo fa senza ricorrere alle immagini. Sulla radio di una nave della Marina italiana un uomo sta gridando: “Please please help us, we are sinking!”.

Nel corso del film Rosi spesso opterà per una mediazione dello sguardo, lasciandoci osservare attraverso monitor militari, specchi, oblò bagnati e incrostati di salsedine. Ma negli ultimi minuti non ci risparmierà una visione totalizzante e dolorosa di morte nella stiva di un barcone. Sulla terraferma scorre intanto un piano narrativo parallelo: l’anziana zia Maria detta le sue dediche al dj di una stazione radiofonica locale; un pescatore si immerge con la muta per pescare ricci e patelle; Maria, la nonna di Samuele, si dedica al cucito e racconta al nipote vecchie storie di mare. I migranti, quelli che ce l’hanno fatta e sono in attesa, organizzano tornei di calcio. Siria contro Eritrea, perché Somalia e Libia sono state già eliminate. Sembrerebbe solo un altro “perfect day”.  Samuele va a scuola, gioca, non entra mai in contatto con quel mondo di disperazione, che gli scorre accanto. Ma allora perché quell’improvvisa difficoltà a respirare che lo prende di tanto in tanto, e lo costringe ad andare dal medico?

Il medico, il dottor Pietro Bartolo, quello che da vent’anni cura le ustioni chimiche da carburante dei migranti, la disidratazione, che fa nascere i bambini delle donne africane appena sbarcate, che i bambini spesso è costretto a seppellirli. “Odio fare le autopsie. Ne ho fatte troppe. Ho gli incubi”, confessa. “Ma è dovere di ogni uomo, che sia un uomo, aiutare queste persone”.

Rosi, dopo aver descritto gli universi chiusi dei drop-out del deserto americano di Below Sea Level e dei “freaks” del Grande Raccordo Anulare di Roma, è andato dritto al cuore di una grande comunità fantasma che si affaccia sulla porta dell’Occidente, sul confine più simbolico d’Europa. Un film che va mostrato a studenti e parlamentari europei.

Prodotto da Donatella Palermo e Gianfranco Rosi attraverso 21Uno Film e Stemal Entertaiment con Istituto Luce-Cinecittà e con Rai Cinema, Fuocoammare è coprodotto con Les Films D’Ici e Arte France Cinema

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