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VENEZIA 2016 Orizzonti

King of the Belgians, o l’ultimo re dei belgi

di 

- VENEZIA 2016: Il nuovo film del duo Peter Brosens - Jessica Woodworth mette in scena l'odissea di un Re dei belgi che la storia ha investito di una singolare missione: salvare il proprio paese

King of the Belgians, o l’ultimo re dei belgi
Peter Van Den Begin in King of the Belgians

Jessica Woodworth e Peter Brosens hanno presentato ieri King of the Belgians [+leggi anche:
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, nella sezione Orizzonti del 73mo Festival Internazionale del cinema di Venezia. Woodworth e Brosens provengono entrambi dal cinema documentario e sono soprattutto conosciuti per i tre lungometraggi che hanno scritto, diretto e coprodotto a quattro mani: Khadak [+leggi anche:
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(vincitore del Leone del Futuro alla Mostra di Venezia 2006), Altiplano [+leggi anche:
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(Settimana della Critica del Festival di Cannes 2009) e La Cinquième Saison [+leggi anche:
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(in concorso ufficiale alla Mostra di Venezia 2012).

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King of the Belgians segue le avventure di Nicolas III (Peter Van Den Begin), solitario e introverso re dei belgi. Nel pieno di una visita ufficiale a Istambul, viene a sapere della dichiarazione d’indipendenza della Vallonia e cerca in tutti i modi di rientrare in Belgio, aiutato dal suo Capo di Protocollo (Ludovic Moreau), dall’addetta stampa (Lucie Debay), dal suo fedele valletto (Carlos de Vos) e da un regista britannico, Duncan Lloyd (Peter van der Houwen), che il Palazzo reale ha incaricato della realizzazione di un documentario con cui rinfrescare l’immagine piuttosto spenta del monarca. Si mette di mezzo una tempesta solare che colpisce la terra e provoca la chiusura degli spazi aerei e la paralisi di tutti i mezzi di comunicazione. I servizi segreti turchi, da parte loro, respingono fermamente le proposta del re di raggiungere il Belgio in auto. Lloyd mette allora a segno un piano di evacuazione alquanto discutibile, che prevede l’impiego di vestiti a fiori e cantanti bulgare. Comincia così la segreta odissea del re e del suo variopinto collegio.

Dal primo piano o quasi il tono del film è chiaro: improntato ai codici del mockumentary, la prima scena di King of the Belgians rappresenta un re traballante (l’inquadratura è leggermente fuori asse), marionetta nelle mani di una corte guidata dall’autoritaria regina, attenta al rispetto dell’etichetta e, soprattutto, a dare un’immagine assoluttamente impeccabile della monarchia. Gli mettono il microfono, gli sistemano i capelli, gli aggiustano il frustino, lo sommergono di raccomandazioni. Il re sembra privo di ogni autonomia, sia fisica che intellettuale. Da sempre timidamente a capo di un regno polveroso e ingombrante, Nicolas III si sente ora investito di una missione non tanto divina, ma intensamente patriottica: portare il suo paese e i suoi sudditi verso la risoluzione di un conflitto che potrebbe essere l’ultimo.

King of the Belgians è una farsa briosa come i canti polifonici bulgari, che rendono possibile la grande fuga, e malinconica come questo re allampanato (incarnato con grande convinzione da Van Den Begin), incastrato in un protocollo troppo stretto per lui e addolorato per la sua immagine di re maldestro e goffo. I registi sfiorano (volontariamente) delle piste narrative potenzialmente più romanzesche (l’irruzione di una possibile storia d’amore, il folle inseguimento, il rapimento degli ostaggi) che sostengono o affiancano l’azione, per concentrarsi sul percorso di un re decaduto alla vigilia della sua ultima missione, quella più bella. Non si capisce bene se siamo in un racconto di ucronia o di fantascienza, fatto sta che questa libertà storica permette ai registi di parlare dell’Europa di oggi con leggerezza, ma anche con una certa acidità, che si tratti del Belgio, della Turchia o dei Balcani.

King of the Belgians è prodotto dalla Bo Films, la società dei registi, in coproduzione con Entre Chien et Loup, Topkapi Films e Art Fest, con il sostegno di VAF, CCA, Screen Flanders e del Netherlands Film Fund.

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(Tradotto dal francese)

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