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BERLINALE 2017 Fuori concorso

T2 Trainspotting: il tempo ritrovato

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- BERLINO 2017: Danny Boyle riparte dai puntini di sospensione lasciati alla fine del suo film cult, vent’anni fa, in un sequel che si interroga sul concetto di nuovo inizio

T2 Trainspotting: il tempo ritrovato
Jonny Lee Miller e Ewan McGregor in T2 Trainspotting

Danny Boyle ci aveva lasciato vent’anni fa, con Trainspotting, oltre a un film cult che abbiamo visto e rivisto (e riascoltato!) per i dieci anni successivi, anche dei puntini di sospensione riguardo al futuro di Mark Renton (Ewan McGregor). Dopo aver smesso con l’eroina e aver tradito i suoi amici (eccetto Spud) scappando col bottino, ci si chiedeva se Mark avesse "scelto la vita, scelto una carriera, una famiglia, un maxitelevisore del cazzo, ecc." – non che, detta così, il progetto fosse tanto più allettante del continuare a fare il diavolo a quattro coi suoi amici di sempre, a parte la dipendenza e la mancanza di prospettive.

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Quando vediamo Renton atterrare a Edimburgo all’inizio di T2 Trainspotting [+leggi anche:
trailer
intervista: Danny Boyle
scheda film
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, proiettato alla 67a Berlinale fuori concorso, si ha inevitabilmente un colpo al cuore, soprattutto perché ritroviamo subito il volto di Renton in quello di McGregor, come se i vent’anni trascorsi a prestare la sua faccia a ruoli vari e differenti si cancellassero in un istante per restituirlo alla sua prima interpretazione. E malgrado la slovena che gli porge un volantino della sua città simulando un accento scozzese suggerisca un cambiamento verso un maggior multiculturalismo e dinamismo, qui niente è cambiato, ma solo invecchiato: il terreno davanti all’edificio sempre più fatiscente dove è rimasto solo suo padre è diventato una discarica che cresce a vista d’occhio; Spud (Ewen Bremner), ancora drogato, ha sempre la tendenza ad annegare nelle proprie escrezioni; Begbie (Robert Carlyle), in carcere dalla partenza di Renton, ha sempre le stesse esplosioni di violenza che terrorizzano persino il suo avvocato; Simon "Sick Boy" (Jonny Lee Miller), infine, gestisce il pub deserto di sua zia e si guadagna i soldi per la sua nuova amica la cocaina facendo cantare dei piccoli notabili che filma in compagnia della sua ragazza prostituta (Anjela Nedyalkova). Ovviamente, tutti s’infiammano rispensando alla fuga di Renton.

Ma la vendetta è un piatto che va servito freddo, e quando Mark riappare, anche lui non tanto diverso da prima, tutte le amicizie (o quasi) e i relativi casini riprendono laddove li aveva lasciati – il racconto è anche intercalato da immagini del primo Trainspotting, e da video familiari dove vediamo Mark e Simon bambini –, ed è tutto a dir poco caldo. Dal momento in cui Renton entra nel bar del suo vecchio amico, una serie di avventure, inseguimenti e zuffe si succedono, con la stessa esuberanza del romanzo di Irvine Welsh, un’esuberanza talvolta tinta di nostalgia, ma che sfuma nell’amara constatazione che nessuno della banda ha avuto o avrà mai il futuro che già sapeva di non avere vent’anni prima, e tutti ancora se ne fregano o quasi: non c’è tempo per riflettere quando si corre davanti a un Begbie infuriato.

Anche se Boyle ha detto in conferenza stampa, a Berlino, di aver voluto fare un film che funzionasse anche senza il primo Trainspotting (di cui non è riuscito ad abbandonare del tutto il titolo, nonostante volesse distaccarsene), e anche se dipinge in T2 i cambiamenti sociali intervenuti in vent’anni, le nuove tecnologie e le evoluzioni musicali, l’emozione della riunione è troppo forte per riuscire a stabilire se è proprio così. La cosa migliore è scegliere di rivivere l’esaltazione di un tempo, di ricominciare tutto e di alzare il volume.

Prodotto da DNA Films, Decibel Films, Cloud Eight Films e TS2 Productions, il film è venduto nel mondo dall’americana Sony Pictures Releasing International.

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(Tradotto dal francese)

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