email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

VENEZIA 2017 Giornate degli Autori

Longing: imparare a essere padre

di 

- VENEZIA 2017: Il regista israeliano Savi Gabizon torna dopo una pausa di 14 anni con il suo nuovo film, una riflessione acuta e coinvolgente sulla paternità, che sa anche sorridere della morte

Longing: imparare a essere padre
Shai Avivi in Longing

Diventare padre quando tuo figlio non c’è più. E’ paradossale, ma è quello che accade nel bel film di Savi GabizonLonging [+leggi anche:
trailer
intervista: Savi Gabizon
scheda film
]
, presentato in prima internazionale alle Giornate degli Autori della 74. Mostra di Venezia. Il regista israeliano, assente dagli schermi da quattordici anni dopo il successo dei suoi primi tre film, consegna con questo suo nuovo lavoro una riflessione acuta, dolceamara e coinvolgente sul ruolo di genitore, sulla paura di diventarlo, sull’egoismo e sulla possibilità di aprirsi al mondo, riscoprirsi, guardare oltre se stessi.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Shai Avivi è uno dei più noti attori comici d’Israele, ma qui, per Gabizon, si trasforma in un uomo dolente, solo, spaesato, la cui vita viene stravolta da una notizia che rimette tutto in discussione. Ariel, questo il nome del suo personaggio, viene convocato in un bar dalla sua fidanzata dei tempi dell’università, che non vedeva da vent’anni. Il regista, anche sceneggiatore del film, non perde tempo e ci catapulta sin dalla prima scena in un dialogo, quello tra lui e Ronit (Asi Levi), che parte col sorriso e un po’ d’imbarazzo, e poi si fa sempre più teso, fino alla rivelazione del vero motivo del loro incontro: dalla loro relazione è nato vent’anni prima un figlio, che Ariel non ha mai conosciuto, e che mai potrà conoscere perché è morto da poco in un incidente. Lui, che non ha mai desiderato avere figli, si ritrova così a fare i conti con un’occasione persa. 

Quello che segue è un percorso di conoscenza, in cui Ariel ricompone un pezzo per volta la personalità di questo figlio fantasma, con tutti i suoi lati luminosi e i suoi lati oscuri, che la sceneggiatura molto ben scritta sa rivelare a piccole dosi grazie ai colloqui che l’uomo intrattiene successivamente con le persone che erano vicine al ragazzo: la sua fidanzata, il suo miglior amico, ma soprattutto Yael (Neta Riskin), la giovane insegnante di cui era follemente innamorato, principale fonte dei suoi tormenti e oggetto di poesie struggenti. Ariel comincia così a entrare nel suo ruolo di genitore, prende le difese del figlio quando è necessario, ne parla come se lo avesse conosciuto, cerca di chiudere al posto suo le questioni lasciate irrisolte. Nel dramma, non mancano situazioni stravaganti, che fanno sorridere: una voglia di leggerezza che domina la seconda parte del film, quando Ariel decide di organizzare le nozze tra il figlio perduto e un’altra ragazza scomparsa, un matrimonio tra giovani defunti che secondo una tradizione orientale servirebbe a garantir loro un aldilà migliore. Una missione quasi impossibile, ma in cui l’uomo intravede la possibilità di far finalmente qualcosa per suo figlio.

“Che padre sarei stato?” è la domanda cui Ariel non potrà mai rispondere. Ma in questo suo viaggio dalla solitudine e dall’individualismo alla condivisione e al superamento dei propri traumi, avrà imparato qualcosa di sé e sanato qualche ferita. Il racconto di una seconda chance un po’ bizzarro forse, ma affrontato con molta misura e sensibilità, e con la capacità di esaltare la vita sorridendo anche un po’ della morte. 

Longing è un film prodotto dall’israeliana United Channel Movies; le vendite internazionali sono affidate alla tedesca Films Boutique.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy