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ZURIGO 2017

Impreza – Das Fest, l’avanzare pericolosamente banale di una destra intransigente

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- Con il suo film Alexandra Wesolowski ci apre le porte della sua famiglia polacca fra incomprensione e amarezza

Impreza – Das Fest, l’avanzare pericolosamente banale di una destra intransigente

In competizione allo Zurich Film Festival (Focus Svizzera, Germania, Austria), Impreza – Das Fest, primo documentario della regista polacca istallata in Germania Alexandra Wesolowski (il suo precedente First Class Asylum è girato insieme a Niklas J. Hoffmann e Nina Wesemann) ci confronta con il nocciolo duro di una società iper-ermetica pronta a tutto (o quasi) per proteggere la propria identità (qualunque cosa questo voglia dire).

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Il caso presentato da Alexandra Wesolowski nel suo Impreza – Das Fest non ha purtroppo niente d’aneddotico. Al contrario i dogmi che mette in evidenza sono tristemente riconducibili a molte altre realtà territoriali chiuse a riccio su se stesse.  

Il punto di partenza (o il pretesto) della sua riflessione sono i preparativi della festa per celebrare le nozze d’oro dei suoi zii Danuta e Maciej che vivono a Varsavia. Più in generale ciò che davvero l’interessa sono le dinamiche che stanno alla base di un’armonia famigliare dal sapore dispotico.

Come Christian in Festen o il miserioso visitatore di Teorema di Pasolini, la regista si trasforma nel detonatore di un discorso iper-conservatore che fluttua sulla famiglia come un seducente veleno. L’Europa, la questione dell’aborto o della chiusura della Pologna di fronte alla questione migratoria, ognuno di questi temi “sensibili” allontana sempre più la regista da una logica famigliare che potremmo definire come settaria.

Le discussioni infinite che oppongono due mentalità irrimediabilmente inconciliabili, filmate in modo discreto: dallo stipite di una porta socchiusa, mentre i diretti interessati sono troppo occupati a scaricare la loro violenta verbosità per occuparsene, si scontrano con il decoro ovattato e rassicurante della casa borghese di Danuta e Maciej.

Lo spettatore, avviluppato in un’atmosfera visivamente rassicurante, dai toni pastello e dalle parole (quelle ammesse!) sussurrate si lascia cullare, inebriare, prima di essere brutalmente risvegliato dagli interventi della regista che lo spingono a focalizzarsi sul pericolo che si annida dentro al sogno famigliare.

Se le discussioni senza fine si trasformano in rumore assordante che perde progressivamente di significato, sono i piani ravvicinati sugli oggetti silenziosi che arredano la casa degli zii o ancora quelli sui volti impassibili e rubicondi delle cugine d’Alexandra (che ci fanno pensare alle sorelle Lisbon di The Virgin Suicides), a darci più indizi sulla situazione presente. Bambole di porcellana sapientemente programmate per perpetrare una tradizione ben oliata che non lascia spazio ai sentimenti, le cugine accettano forse loro malgrado il ruolo di testimoni silenziose che gli è stato attribuito, approfittatrici di una situazione tutto sommato comoda.

Una posizione adottata da molti: unilaterale e severa, che si rifiuta di rivolgere lo sguardo verso quel mondo periferico ed irritante che lancia sul loro benessere ombre inquietanti. È proprio in questo senso che l’interesse della regista per i dettagli, per quello che normalmente si trova fuori campo (una foto di famiglia, un animale in porcellana, la polvere che fluttua leggera in controluce), si rivela piena di significato, un’arma discreta ma potente da rivolgere contro la destra conservatrice.

Impreza – Das Fest, colpisce nel segno in modo discreto ma risoluto. Una bella lezione d’eleganza. Il film è prodotto da Dreifilm e Hochscule für Fernsehen und Film (HFF) München.

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