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VENEZIA 2018 Fuori concorso

Recensione: A Tramway in Jerusalem

di 

- VENEZIA 2018: Presentato fuori concorso, la nuova imperfetta pellicola del cineasta israeliano Amos Gitai, potrebbe essere la sua migliore creazione

Recensione: A Tramway in Jerusalem

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, nel 2015, in cui venivano rappresentati gli avvenimenti relativi all’assassinio del primo ministro Yitzhak Rabin, il regista israeliano Amos Gitai torna alla Mostra del Cinema di Venezia, fuori concorso, con un film che non poteva essere più diverso. A Tramway in Jerusalem [+leggi anche:
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, la cui proiezione è stata preceduta da uno dei suoi cortometraggi politici, A Letter to a Friend in Gaza, è incentrato su un tram a Gerusalemme che connette svariati quartieri in cui gli abitanti si ritrovano tutti insieme, anche solo per un paio di fermate. Per tutto il tragitto da est a ovest, parlano di religione e calcio, cantano, fanno vedere le scarpe nuove e, chiaramente, discutono di politica, rivelando i loro più profondi segreti e provando semplicemente a comprendersi a vicenda, per quanto complicato possa sembrare. Per tutta la diversità dimostrata qui, il film si sarebbe potuto chiamare anche United Colours of Jerusalem.

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Ciò non lo rende, tuttavia, interamente perfetto, dal momento che sembra che il film di Gitai rasenti la messinscena. La mancanza di autenticità è certamente rafforzata da una recitazione frammentaria, a partire dalla più rigida fino alla più scalmanata, nonostante vi sia un innegabile piacere nel vedere un Pippo Delbono comparire improvvisamente nei panni di un prete, anche solo per citare Pier Paolo Pasolini a un compagno di vagone, palesemente confuso. Seguito a ruota da Mathieu Amalric che affronta Flaubert. Sebbene molto guardabili, tutte queste scene fanno pensare a quanto spesso Gitai, veramente, prenda i mezzi pubblici, poiché il numero di persone imbambolate davanti ai loro cellulari sembra essere una minoranza, specialmente di fronte ad attrazioni così inaspettate.

“Si tratta di una metafora ottimistica e ironica sulla divisa città di Gerusalemme, in cui noi, israeliani, palestinesi e molti altri, cerchiamo di simulare il modo in cui la vita potrebbe essere in questo microcosmo o ‘scatola di sardine’ che è il tram, in un utopistico giorno futuro”, ha affermato il regista. “Al di là degli attuali giorni di conflitto e violenza, come fanno le persone ad accettare l’esistenza gli uni degli altri, le loro differenze e punti di vista opposti, senza uccidersi?”. Sebbene non sia particolarmente efficace nel suo ambizioso tentativo di trasmettere un messaggio profondo sulla caleidoscopica società che lo circonda, è difficile non notare che, per tutti i suoi (molteplici) intoppi, A Tramway in Jerusalem segna la prima volta in cui Gitai prova a farlo con un po’ di sorriso.

Scritto da Amos Gitai, in collaborazione con Marie-José SanselmeA Tramway in Jerusalem è una co-produzione israelo-francese ad opera di Amos Gitai, Catherine Dussart e Laurent Truchot, in associazione con Orange StudioUnited King Films e CDP Productions. La distribuzione globale è affidata a Orange Studio.

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(Tradotto dall'inglese da Carlotta Cutrale)

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