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JIHLAVA 2018

Recensione: Vacancy

di 

- Il vincitore della sezione Opus Bonum di Ji.hlava osserva la vita ai margini della società americana attraverso personaggi costretti a vivere in motel a buon mercato

Recensione: Vacancy

La produzione belga Vacancy [+leggi anche:
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intervista: Alexandra Kandy Longuet
scheda film
]
della regista francese Alexandra Kandy Longuet, che ha vinto il premio come miglior documentario mondiale nella sezione Opus Bonum di Ji.hlava (leggi la news), è un film sul lato oscuro e triste della società americana, rappresentato da persone le cui vite sono state rovinate dalle proprie decisioni e dai brutti colpi del destino, e sono costrette a vivere in motel di quarta categoria.

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Il film non identifica i luoghi esatti, ma si tratta sicuramente del West Texas rurale o dell'entroterra californiano. E’ un mondo di insegne al neon rotte con nomi come "Palace Inn" o "Villa Motel", torri d'acqua deserte, recinti lacerati, tubi arrugginiti e impalcature, bagni ammuffiti e carrelli dei supermercati abbandonati, sparsi lungo un'autostrada circondata da arido terreno desertico.

Sebbene ci siano cinque personaggi nel film, Longuet si concentra principalmente su tre protagonisti che non sono identificati esplicitamente per nome, a meno che non lo dicano loro stessi.

La più importante è Beverly, che ha perso la casa e il marito per giocare d'azzardo e per il crack, e che ha ancora in affitto un magazzino dove conserva tutte le cose dalla sua vita passata e migliore. Longuet scorre la sua videocamera su ogni ruga, ferita e cicatrice, e gli spazi tra i denti della donna, mentre parla con orgoglio di suo figlio Phoenix, che è un giocatore di football al college. Si sta preparando per partecipare alla sua laurea, dove porterà un regalo speciale: un collage delle loro vecchie foto di famiglia. Dopodiché, rimetterà la sua vita in carreggiata e "caccerà la scimmia della dipendenza dalle sue spalle".

Incontriamo anche Manny – un omone tatuato con la testa rasata – il giorno del suo compleanno mentre parla al telefono con suo padre. È un momento gentile nella dura vita di un uomo che è stato un ciclista, spacciatore di droga ed estorsore – quando lo chiamavano "Big Daddy" o "El Jefe". Sembra che lavori in un distributore di benzina (auguri con le spiegazioni in questo film), vuole ristrutturare una casa totalmente in rovina e spiega in dettaglio dove farà le sue enchiladas, quelle messicane vere.

Il terzo protagonista importante, forse chiamato Kevin, sembra il meno oppresso dalla vita con la sua faccia liscia e gli occhi sognanti. Lavora con apparecchiature audio analogiche e sembra orgoglioso di come "Georgy Porgy" suoni sul suo nuovo speaker, ma poi si sgonfia con storie su come il Rat Pack si sia mescolato con il Mob di Las Vegas e come a volte ci siano fantasmi intorno al motel, dove c'è sicuramente uno strano cimitero con croci piccole e rotte senza nomi.

Longuet evita di girare un altro documentario white-trash e misery-porn, dando davvero a queste persone attenzione e coinvolgendole emotivamente. A volte transita tra questi segmenti iperrealistici (la sua camera a mano è spesso molto vicina ai volti dei protagonisti, e i luoghi che abitano sono presentati in tutta la loro sporca gloria) con immagini sfocate di guida lungo l'autostrada di notte, dove le insegne al neon brillano e si agitano come se fossero filmate dal punto di vista di una persona sotto effetto di droga. Queste scene potrebbero uscire direttamente da Paura e delirio a Las Vegas di Terry Gilliam, ma è una frase di Twin Peaks - Il ritorno di David Lynch che viene in mente quando guardi Vacancy: "È un mondo di camionisti", nonostante non ci siano veri camionisti nel film.

Vacancy è prodotto dalla belga Eklektik Productions.

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(Tradotto dall'inglese)

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