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TORINO 2018

Recensione: Ovunque proteggimi

di 

- Dopo l’apprezzato Perfidia, Bonifacio Angius torna al cinema con un’opera seconda avvincente, genuinamente melodrammatica, con una coppia di protagonisti eccentrici e magnetici

Recensione: Ovunque proteggimi
Alessandro Gazale in Ovunque proteggimi

Nel 2014, la sua opera prima, Perfidia [+leggi anche:
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, fu selezionata in concorso al Festival di Locarno e ottenne il premio della giuria giovani, iniziando poi un bel percorso nei festival internazionali. Con il suo secondo lungometraggio, Ovunque proteggimi [+leggi anche:
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, presentato al 36° Torino Film Festival, il regista sassarese 36enne Bonifacio Angius conferma il suo talento viscerale per il racconto di vite ai margini mettendo al centro della sua narrazione un’improvvisata coppia di fuggiaschi, un uomo e una donna cosiddetti borderline che si conoscono in una corsia d’ospedale e, arrivati a un bivio nelle loro vite, insieme decidono di mettersi in viaggio lungo le assolate strade della Sardegna, inseguendo una seconda chance.

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Sulla carta, il tema della fuga on the road un po’ folle, con protagonisti personaggi con problemi mentali, richiama facilmente alla mente La pazza gioia [+leggi anche:
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, così come lo strano amore tra outsider, fra ossessioni e desiderio di riscatto, fa ripensare al film vincitore proprio al Torino FF l’anno scorso (Don’t Forget Me [+leggi anche:
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). Ma il film di Angius riesce a trovare una sua chiave, una miscela di vitalità e disperazione, amarezza e ironia, che lo rende arioso e avvincente, mostrando un profondo rispetto per i suoi personaggi, incarnati da una coppia di protagonisti (Alessandro Gazale e Francesca Niedda) che buca lo schermo, mai ritratti come dei “simpatici mattacchioni”, ma scavandone con pochi tocchi le immense contraddizioni e il caos interiore.

Alessandro è un cinquantenne cantante di serie B, tutto vestito di jeans e un po’ cowboy, ludopatico, alcolizzato e che vive ancora in casa con sua madre; Francesca è una giovane madre con problemi di droga, piccola di statura ma con occhi immensi, a cui hanno tolto la custodia del figlio di cinque anni Antonio (il verace e adorabile Antonio Angius, figlio del regista). Il loro primo scambio di battute in ospedale è di quelli che ti fanno innamorare subito dei personaggi, che fanno sì che dal quel momento in poi sei con loro e non li lasci più. Tanto è trascinante la loro spontaneità e quel pizzico di infantilismo, quanto sono spaventosi e strazianti i loro scatti d’ira, e il loro agire d’impulso non sai mai bene dove li porterà. Andarsi a riprendere il figlio in istituto e salire su un traghetto per Barcellona è il progetto di Francesca, e Alessandro decide di aiutarla perché, dice, “è l’unica cosa sensata della mia vita”.

“Un film anarchico nello spirito, che vuole mettere in discussione le regole”, lo definisce Angius, specificando di non essere tanto interessato alla patologia psichica in sé, quanto “alla reazione dell’essere umano rispetto alle esperienze che vive”. E’ un cinema di personaggi, “quello che mi ha fatto innamorare dello schermo quando ero adolescente, fatto di solitudini, sentimento di rivalsa, perdenti, amore, follia, melodramma e colonna sonora come elemento protagonista”, quello che il regista sardo ripropone qui, ispirandosi – dice – ai film americani degli anni ’70, come Rocky e Qualcuno volò sul nido del cuculo.

Ovunque proteggimi è in effetti un bell’esempio di cinema d’autore popolare, profondo e avventuroso al tempo stesso, capace di arrivare facilmente a tutti. 

Prodotto da Andrea Paris e Matteo Rovere per Ascent Film (che lo distribuisce anche) con Rai Cinema, esce nelle sale italiane oggi, 29 novembre. Le vendite internazionali sono affidate a Fandango Sales.

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