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IFFR 2019 Limelight

Recensione: Camino, A Feature-length Selfie

di 

- Armato di uno smartphone e un selfie stick, nel suo debutto alla regia Martin de Vries ci porta con sé nel suo cammino di Santiago

Recensione: Camino, A Feature-length Selfie

Con una media di 40.000 passi al giorno, il regista Martin de Vries ci porta con sé nel suo pellegrinaggio verso Santiago de Compostela in Camino, A Feature-length Selfie [+leggi anche:
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. Il film, che è stato girato con il suo smartphone lungo la strada, è stato presentato in anteprima mondiale all'International Film Festival Rotterdam (IFFR), nella sezione Limelight. Penserete tutti: 90 minuti di paesaggi francesi e spagnoli a passo d'uomo devono poggiare su un soggetto forte per mantenere vivo l'interesse dello spettatore. Ma de Vries trova il modo di raccontare una storia, permettendo al film di trascendere il semplice filmato delle vacanze per andare verso qualcosa di più profondo.

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La storia che de Vries dispiega durante la sua camminata è fondamentalmente un nudo resoconto della trasformazione psicologica che le persone sperimentano quando intraprendono una sfida così fisica, ma sicuramente anche mentale. Il silenzio e il tempo trascorso da solo svuotano la testa di tutti i pensieri volatili che ruotano attorno alla vita di tutti i giorni. De Vries non sa veramente perché lo vuole fare, e mentre parte pieno di sentimenti di euforia e orgoglio, lentamente scivola verso un confronto più serio con se stesso e il suo ego. Nonostante vesciche e unghie rotte, trova un divertimento vero nelle piccole cose, come defecare tra i cespugli. Mentre cita se stesso, "I bassi sono più bassi e gli alti sono più alti", ci vuole del tempo per adattarsi a questo nuovo ritmo. Continua con questo spirito innocente e spensierato durante la prima metà del film, ancora privo di una vera direzione, ma ci si chiede se il regista si limiti a farci vedere solo le scene in cui ha il controllo su ciò che accade, come quando parla direttamente in camera. In altre parole, fino a che punto spoglia la sua rappresentazione fino a una residua immagine di sé, o selfie, adatta da far vedere agli altri?

L'estetica del formato smartphone – e, sì, anche la visione verticale, contrariamente al paesaggio – si adatta bene al film in un certo senso, in quanto sottolinea l'autenticità che ci si aspetta da un lavoro del genere. A volte trasmette un doloroso disagio, ma ciò si aggiunge al carattere informale dell'insieme. Il vero punto è il fatto di essere soli, con migliaia di pensieri che lentamente scendono a spirale fino a terra, per essere lasciati lì ad ogni passo. È solo questo sviluppo, che passa dall'eccitazione di qualcosa di nuovo a una visione più profonda e chiara della propria motivazione, che eleva il film dall'essere un semplice diario visivo. "Sessanta giorni fa, non ho iniziato con una domanda specifica" ammette Martin, mentre inizia a guardarsi dentro, piuttosto che fuori. Impara che non c'è possibilità di nascondersi quando cammini da solo. Tutto ciò porta a un climax emotivo, in coincidenza con nuvole scure e pioggia, prima che raggiunga la sua destinazione. Si rende conto che il viaggio non è finito, ma che il resto dovrà continuare a casa. E come se fosse colpito da un momento di chiarezza nella piazza principale di Santiago, decide che forse è meglio non dire niente. È come se il selfie, in cui il proprio ego ha generalmente un ruolo da protagonista, avesse finalmente perso il suo scopo e si fosse trasformato nello specchio che, come realizza soltanto ora, il regista cercava da sempre. E' questo, alla fine, ciò che dà al cammino del pellegrino il fascino divino per il quale è conosciuto.

Camino, A Feature-length Selfie è prodotto da Janneke Doolaard per DOXY Films, di base ad Amsterdam, e da RealEyes Media.

 

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(Tradotto dall'inglese)

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