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TRIBECA 2019

Recensione: Devil's Pie: D'Angelo

di 

- Nel suo nuovo film, Carine Bijlsma traccia un ritratto di un musicista straordinario, con cui è riuscita a entrare in confidenza

Recensione: Devil's Pie: D'Angelo

In Devil's Pie: D'Angelo [+leggi anche:
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, Carine Bijlsma ci svela la straordinaria carriera del talentuoso musicista D'Angelo e dipinge la lotta interiore che ha caratterizzato la sua vita professionale. Questa premessa fondamentale alla base della sua esistenza ci aiuta a capire perché ha deviato dal suo percorso di ascesa e ha avuto una pausa di 14 anni. Con titoli come “Voodoo”, "Devil's Pie" e "Unshaken", la musica stessa si evolve in linea con una sorta di ricerca spirituale: come affrontare un fardello che è sepolto troppo in profondità per essere afferrato? Ricco di energia e con una colonna sonora incredibile, Devil's Pie: D'Angelo ha avuto la sua prima mondiale al Tribeca Film Festival (24 aprile-5 maggio) nella sezione Spotlight Documentary.

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Negli anni Novanta, D’Angelo era una shooting star. Dopo aver vinto numerosi premi per il suo primo album, Brown Sugar, era chiaramente sulla cresta dell’onda. Intelligentemente, Bijlsma ancora non pone l'uomo al centro della scena, e limita la sua presenza a filmati d’archivio, citazioni sottili e, soprattutto, citazioni dei suoi colleghi musicisti. Lascia che ci chiediamo cosa gli sia successo, mentre la tensione aumenta. Viene paragonato a Hendrix, Coultrain e Gaye, giacché Questlove, uno dei membri della band, sostiene che molti musicisti black condividono lo stesso destino. Dovremmo quindi metterlo a un bivio accanto al leggendario cantante blues Robert Johnson, che avrebbe fatto un patto con il diavolo in cambio di un talento infinito? La sagoma di un uomo inizia a prendere forma. Entra D'Angelo.

Bijlsma ha un impressionante curriculum nel campo dei documentari musicali, poiché trova sempre un modo per connettersi con gli artisti. Il risultato è un ritratto intimo di un musicista straordinario. I filmati delle performance di D'Angelo sono molto piacevoli da guardare, ma il film offre anche una visione affascinante di ciò che sta dietro il glamour. In questo senso, è un ritratto crudo, in cui le riprese dietro le quinte e i fragili momenti di intimità tra i membri della band mostrano il lato schietto, ma autentico delle cose. Ciò è in netto contrasto con le registrazioni rigide, multi-camera da concerto, che conferiscono alla sua presenza scenica una potente stabilità. Si scopre che questa è una dualità che sta al centro dei suoi problemi. D'Angelo ricorda un concerto al North Sea Jazz Festival, quando ha suonato davanti a 30.000 persone, che facevano esattamente quello che chiedeva loro di fare. "Ho sentito un sussurro nel mio orecchio: 'Guarda quello che possiedi'", dice, aggiungendo che questo tipo di potere finisce inevitabilmente per diventare perverso in qualche modo. L'uomo sul palco non è l'uomo che conosce. Bijlsma traccia un parallelo tra questo e il canto febbrile nelle chiese della sua giovinezza, le radici stesse della sua musica. Ancora una volta, si manifesta questa dualità: la sua musica deriva dal luogo a cui ora si oppone. Vediamo il deserto e le montagne al crepuscolo mentre le voci risuonano su entrambi i lati. "Non riesco a superare la mia paura", dice D'Angelo. Diventa chiaro che si è trovato anche lui a un bivio, in cui gli è stato sottilmente offerto un affare. E come ammette in un momento di vulnerabilità, la posta in gioco era alta, poiché sul tavolo c’era anche la sua anima.

Devil's Pie: D'Angelo è prodotto da Interakt Productions (Paesi Bassi) in coproduzione con Pulse Films (Regno Unito), la Significant Productions di Forest Whitaker (Stati Uniti) e l’emittente olandese NTR.

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(Tradotto dall'inglese)

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