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FILM / RECENSIONI

Recensione: Irene’s Ghost

di 

- Mescolando l'animazione con il documentario, il regista Iain Cunningham cerca risposte sulla propria madre biologica

Recensione: Irene’s Ghost

Fu solo quando il regista Iain Cunningham compì 18 anni che suo padre decise di dargli informazioni dettagliate sulla sua madre biologica, Irene. Finalmente, Iain seppe di più del semplice fatto che morì quando lui aveva tre anni, ma non era ancora abbastanza, e il mistero rimaneva. Irene’s Ghost [+leggi anche:
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, che documenta la ricerca di risposte di Cunningham, è uscito nel Regno Unito il 3 maggio.

Questo status quo è andato abbastanza bene al regista fino a quando non ha avuto un figlio suo, che per lui è stato la scintilla per cominciare a chiedersi che cosa fa allontanare un genitore dalla sua prole. Decide di scoprire di più chiedendo a sua figlia, Isla, cosa farebbe per saperne di più. Lei suggerisce di affiggere manifesti in stile "gatto smarrito" sui lampioni e di pubblicare un avviso in un giornale locale nelle Midlands.

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Il perché ci siano voluti a Ian trent'anni per confrontarsi con suo padre è chiaro dalla sua riluttanza a discutere l'argomento con lui. Invece, lo riprende mentre falcia il prato e prepara tazze di tè. Quando alla fine chiede, la riluttanza del padre a scavare in un periodo traumatico della propria vita diventa molto evidente.

Il documentario si intreccia abilmente con l'animazione. Dato che gran parte del film è composto da ricordi di persone, inclusi quelli nella stessa testa di Cunningham, il regista ha invitato il regista di animazione Ellie Land (Centrefold) a dirigere la parte animata del film. Land ha collaborato con Siobhan Fenton, della School of Computing and Digital Technologies della Teesside University per produrre immagini che sembrano disegnate per un raffinato libro per bambini.

C'è qualcosa dello spettacolare documentario di Carol Morley Dreams of a Life [+leggi anche:
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nel modo in cui si dipana la storia – una storia che, in sostanza, è la biografia di una persona morta, che non è un soggetto ovvio per un film. Ciò che Cunningham scopre su sua madre è toccante per l'affetto che tante persone nutrono ancora per lei, ma anche tragico, poiché la fonte della condizione di sua madre sarebbe oggi considerata una psicosi post-partum – un argomento non molto ben compreso al momento della sua morte negli anni '70.

Il film si interroga sulla salute mentale, a un certo punto chiedendosi se i sentimenti di ansia e depressione possano essere trasmessi da una generazione all'altra. Cunningham rintraccia anche i report dello psicologo su sua madre risalenti al suo periodo di cura, e tramite discussioni con psicologi e guardando le foto contenute in una scatola ritrovata nell'attico di suo padre, inizia anche a sapere qualcosa della sua prima infanzia e come i problemi di salute mentale possano iniziare quando siamo bambini, assorbendo tutto ciò che ci circonda ma senza averne memoria. Chiunque sia interessato a storie sulla salute mentale – forse tutti – dovrebbe vedere questo film.

Mentre l’approccio alle riprese e alle teste parlanti è piuttosto basico, è il tono del film – la malinconia mista a momenti di felicità – così come l'osservazione delle dinamiche familiari, a essere impressionante e ci permette di empatizzare davvero con il regista imbarcatosi nella sua ricerca.

Irene’s Ghost è prodotto dalle britanniche Forward Slash Films e Tyke Films. Il film è supportato da BFI, Creative England, Creative Scotland, il Wellcome Trust e la Maudsley Charity.

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(Tradotto dall'inglese)

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