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CANNES 2019 Un Certain Regard

Recensione: Liberté

di 

- CANNES 2019: Albert Serra ci rende testimoni, nella cornice liminale di una foresta che riecheggia i loro desideri, delle peregrinazioni notturne di un gruppo di libertini sadici

Recensione: Liberté

Se il cinema del tutto singolare di Albert Serra è immediatamente riconoscibile, è anche perché è assolutamente coerente e, in quanto tale, divide nettamente il pubblico tra quelli che lo rifiutano e quelli che accettano di aderire allo strano patto che propone. Raramente questo patto è stato così impegnativo come in Liberté [+leggi anche:
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, proiettato al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, sebbene non per le solite ragioni. Al di là del suo ritmo e della sua durata, siamo ben oltre un cinema cerebrale che deve essere compreso: si tratta proprio di aderire alla "causa", come i libertini sadici (tra i volti dei quali riconosciamo nell'ombra quella di Helmut Berger) cacciati dalla corte di Luigi XVI che si abbandonano senza freni (a meno che non siano di pelle...), abilmente disseminati in un’oscura foresta isolata dal resto del mondo, agli eccessi delle loro fantasie. Si richiede il consenso libero, lo dice anche il titolo, ma deve essere totale, come l'approccio del regista catalano, al quale bisogna abbandonarsi senza remore.

Ritroviamo in Liberté l'armamentario prediletto del cineasta: le parrucche polverose; il linguaggio letterario (più tendenza Sade che Cervantes, anche se questa passeggiata nei boschi "mentre il lupo... è lì" ha aspetti picareschi); l’attesa di una certa metamorfosi dei corpi febbrilmente sviliti (che compongono una sorta di bestiario) di cui quasi si avvertono le esalazioni fetide, e che creano con le grida e i sussurri di uomini, donne e animali, e il fruscio del fogliame nella notte, un universo sensoriale potenzialmente esplosivo, tra trasporto estatico e degrado; infine, soprattutto, il motivo della messa in scena, nel senso quasi cerimoniale del termine, che rende i lavori di Serra così vicini a installazioni artistiche, ben sottolineato dai volti di gesso delle maschere degli aristocratici, e direttamente in linea con l'agonia che Serra aveva meticolosamente tracciato nei suoi due film precedenti: La Mort de Louis XIV [+leggi anche:
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intervista: Albert Serra
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con Jean-Pierre Léaud (fuori concorso a Cannes nel 2016) e Roi Soleil [+leggi anche:
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con Lluís Serrat (fedele collaboratore del regista, anche in questa pellicola).

Di fatto, Liberté comincia quasi dove finiscono quei film "gemelli". Durante il prologo, col calare della notte, una voce perversa che ricorda quella delle narratrici di Salò o le 120 giornate di Sodoma descrive nel dettaglio la morte fittizia, per squartamento, di Luigi XV. Se questo racconto viene fatto a posteriori, il resto del film trasuda desideri oltraggiosi che i partecipanti amano anticipare e pianificare, mentre si guardano a vicenda, godendo degli sguardi avidi che vagano in ogni angolo, con una sottomissione dispotica che davvero livella questa strana repubblica di aristocratici europei decadenti. E più Serra posticipa il momento di gratificazione, sfruttando appieno l'intera durata del film – dando l'impressione che il tutto stia avvenendo in tempo reale – più costringe lo spettatore a spiare, e a essere attirato, suo malgrado, dalle aspettative di questi libertini. Infatti, come annunciato sin dall'inizio, "distogliere lo sguardo" dall'ardore lussurioso di questi personaggi non è un'opzione se abbiamo accettato di giocare al gioco proposto da questa offerta cinematografica così particolare.

Liberté è prodotto da Idéale Audience (Francia) in coproduzione con Andergraun Films (Spagna), Rosa Filmes (Portogallo) e Lupa Film (Germania). Le vendite internazionali del film sono affidate a Films Boutique.

(Tradotto dal francese)

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