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CRACOVIA 2019

Recensione: Stress

di 

- Il documentario di Florian Baron è un'esplorazione evocativa e dolorosa del disturbo da stress post-traumatico e del dramma di chi, in campo militare, trova impossibile riadattarsi alla realtà

Recensione: Stress

"Una volta che tutto è finito e non sei più GI Joe, che fai?". Se lo chiede uno dei danneggiati protagonisti di Stress di Florian Baron, un'estensione del suo cortometraggio Joe Boots, che ha girato il circuito del festival nel 2018. Seguendo le storie di cinque veterani militari statunitensi, Stress [+leggi anche:
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, mostrato di recente al Krakow Film Festival, esamina le devastazioni del disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e cerca di trovare una risposta a questa complessa questione.

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Ogni storia è leggermente diversa: una persona si ricorda di essere stata coinvolta in un'esplosione, mentre un'altra ricorda il numero sempre crescente di colleghi morti. Ma sotto la superficie, le loro storie sono tutte uguali. Dopo aver trascorso mesi in una zona di guerra, e aver imparato che tutti e tutto potrebbero potenzialmente ucciderti, come è possibile anche solo cominciare ad adattarsi a qualcosa di simile alla "normalità"?

Lasciando i veterani raccontare le loro storie tramite le voci fuori campo, il film ha già un enorme impatto emotivo, ma questo è amplificato dalla bella fotografia di Johannes Waltermann. Utilizzando le carrellate, lo slow motion e la fotografia aerea, il film trasmette una sensazione costante di sogno e di surreale, enfatizzando il senso di dislocazione dei nostri protagonisti dalla realtà. In effetti, il primo terzo del film non rivela nemmeno i volti di coloro che stiamo seguendo – qualsiasi forma di stretta connessione è quindi difficile. Associato al sound design incisivo di Jana Irmert, Stress riecheggia il lavoro del documentarista statunitense Errol Morris, poiché alcune delle dure realtà dell'esistenza umana sono giustapposte a un'estetica che enfatizza sia l'isolamento che la bellezza.

Il film ha il senso del ciclo del trauma – inizia con i ricordi dell'11 settembre e su come gli attacchi abbiano indotto alcune persone a voler andare a combattere per gli Stati Uniti – da cui sembra sempre più difficile uscire. Un trauma genera l'altro.

Il film fa emergere la triste statistica che si sono suicidati più soldati statunitensi di quanti non siano morti in combattimento in Iraq – un dato che arriva dopo una devastante rivelazione nella narrativa del film. E mentre evita qualsiasi tipo di posizione sull'etica del coinvolgimento militare (in effetti, gli ultimi momenti contengono una convalida dello stile di vita militare, per il senso dell'orientamento e l'obiettivo che può offrire), Stress mette in chiaro, attraverso le testimonianze dei veterani, che l'assistenza per chi soffre di PTSD negli Stati Uniti è del tutto inadeguata. C’è chi passa il suo tempo a desiderare che le sue gambe o il suo viso saltino in aria – nel qual caso sarebbe in grado di mostrare qualcosa di "reale" che richiede un trattamento. Il risultato è un'accusa schiacciante del sistema militare nel suo insieme, non per il tipo di guerre che combatte, ma per il modo in cui tratta un gran numero di persone coinvolte in tali guerre. Tuttavia, Stress offre una sorta di speranza e di redenzione, con i nostri protagonisti che spesso trovano la salvezza nelle loro famiglie e persone care.

La produzione tedesco-statunitense ha ricevuto il premio Next Masters Competition all'edizione 2018 di DOK Leipzig, dove ha avuto la sua prima mondiale. Con lo stile distintivo e commovente di Baron, e la sua una storia potente, dovrebbe trovare un posto nel circuito del documentario nell'anno a venire.

Il film è prodotto da Machnitzky Filmproduktion con il supporto del Film- und Medienstiftung NRW, Kuratorium junger deutscher Film e il Medienboard Berlin Brandenburg. Le sue vendite mondiali sono gestite da New Docs.

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(Tradotto dall'inglese)

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