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DOKUFEST 2019

Recensione: Quiet Life

di 

- Il lungometraggio documentario d'esordio di Tasos Giapoutzis ritrae l'interazione umana e positiva tra una famiglia di rifugiati siriani e una piccola comunità di paese

Recensione: Quiet Life

Tutti quanti abbiamo determinate aspettative sui contenuti del cinema di finzione e dei documentari che toccano il tema della recente crisi di rifugiati in Europa. Talmente tanto che il “cinema sui rifugiati”, di fatti, è più un sottogenere che una semplice etichetta. Tasos Giapoutzis, regista greco che vive a Londra, fa del suo meglio per sfidare queste aspettative (e l’informazione dei report giornalistici) con il suo lungometraggio documentario d’esordio Quiet Life [+leggi anche:
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. Il film è stato presentato in anteprima mondiale all’edizione di quest’anno del Thessaloniki Documentary Festival, mentre la sua prima internazionale si è svolta nell’ambito del concorso Balkan Dox al DokuFest.

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Come ci informa proprio all’inizio un testo che appare sullo schermo in uno dei rari momenti del film, la cittadina Kavala, sulla costa greca, si trova a circa 1.300 km da Damasco e a 1.500 km da Berlino. Potrebbe quindi essere vista come una sorta di punto centrale della rotta balcanica che i rifugiati siriani intraprendono verso una vita migliore, in una terra che considerano promessa. Kavala è una tranquilla cittadina costiera in cui la vita sembra scorrere lenta, specialmente dal punto di vista dei personaggi locali, come per esempio l’attempato prete Anthimos, lo scontroso calzolaio Kostas che brama una vacanza sulle colline vicine, e il pensionato Vangelis, la cui placida vita è più o meno silenziosa. La domanda, allora, è se questa calma sia in pericolo o meno, a causa dei rifugiati che passano attraverso il villaggio o che si fermano per un periodo in una specie di rifugio gestito dall’anziana coppia Roula ed Elias.

Giapoutzis si concentra su una specifica famiglia siriana, composta dalla madre Nour e dai figli in età scolastica Jamal e Roni. Il padre di famiglia, con cui a volte comunicano tramite Skype, si trova già in Germania, mentre i tre sono in una sorta di limbo, bloccati tra un passato orribile e un futuro incerto. Dal canto loro i bambini si godono la vita più che possono, giocando e imparando le lingue, e la madre cerca di provvedere a loro come meglio può. Il risultato è che la famiglia risente dell’influenza del luogo, e non necessariamente in maniera negativa, più di quanto il luogo stesso risenta della loro influenza.

Tasos Giapoutzis si è prestato anche da direttore della fotografia e per 18 mesi ha continuato a seguire in maniera intermittente la famiglia da una distanza discreta – non troppo vicina e nemmeno troppo lontana – mentre si trovava al rifugio sopracitato. La sua idea era di realizzare un film positivo, addirittura in qualche modo gioioso, e di buon cuore, che non fosse tanto sulla crisi dei rifugiati quanto più sulle comunità locali che attraversano tempi di cambiamento, mettendo in luce gli esempi migliori. Date le circostanze, è ritemprante avere un film che rappresenta una versione leggerissima del premiato Fuocoammare [+leggi anche:
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intervista: Gianfranco Rosi
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di Gianfranco Rosi del 2016.

D’altro canto, la sensazione generale del film è che sia qualcosa più scritto che strettamente osservazionale, dato che il montatore Marios Kleftakis ha fatto anche da sceneggiatore. Sembra che il regista e lo sceneggiatore fossero concentrati sui loro personaggi, che possono essere o non essere rappresentativi dell’interno villaggio non poi così piccolo, e abbiano rimosso le influenze o i fattori che non si adattavano alla loro visione originale e alla loro storia. Tuttavia, da un punto di vista etico, sembra anche che i soggetti coinvolti si siano adeguati di buon grado e non abbiano avuto nulla in contrario a essere i personaggi di un film. Un’altra scelta discutibile è l’uso arbitrario della narrazione di Noor per fornire un contesto, che arriva troppo tardi nel film e resta in superficie. Eppure alla fine, Quiet Life, legittima la propria esistenza con il suo titolo, mostrando a colori naturali un luogo particolare in un momento particolare, e lanciando un segnale di speranza e umanità.

Quiet Life è una coproduzione tra Grecia e Regno Unito realizzata attraverso la società Thinking Image Films con il regista a far da unico produttore. Ancora non è stato selezionato per le vendite internazionali.

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(Tradotto dall'inglese da Gilda Dina)

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