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LOCARNO 2019 Concorso

Recensione: The Fever

di 

- Il film in bilico fra sogno e realtà della regista Maya Da-Rin ci conduce per mano nel complesso universo della comunità indigena dei Desana

Recensione: The Fever
Rosa Peixoto e Regis Myrupu in The Fever

Dopo un lungo processo di ricerca (6 anni di lavoro e viaggi solo per cominciare il film) e di sviluppo che ha portato la regista e artista brasiliana formatasi in Francia Maya Da-Rin alla Cinéfondation di Cannes e al TorinoFilmLab (fra gli altri), The Fever [+leggi anche:
trailer
intervista: Maya Da-Rin
scheda film
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approda finalmente al Locarno Festival, nel Concorso internazionale.

Delicato e pericoloso come la natura stessa, The Fever nasce dalla straordinaria capacità di Maya Da-Rin di scavare nel vissuto dei suoi protagonisti (persone/personaggi) ascoltando con interesse ciò che hanno da dire, per poi ritrascriverlo insieme in immagine. Un processo creativo che deve sicuramente molto al lavoro documentario della regista arricchito dalla sua sensibilità artistica. Una miscela di realtà e finzione che supera i confini del “qui ed ora” conducendo lo spettatore in un universo onirico intimamente legato alla sensibilità degli indigeni Desana di cui il film (indirettamente) parla.

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Sebbene il film sia “definito” come una finzione, le scene raccontate scaturiscono da situazioni realmente vissute dai protagonisti o che sarebbero verosimilmente potute accadere. Questa co-costruzione fra regista e attori che nasce da un lungo processo d’improvvisazione, regala al film una scorrevolezza quasi surreale, un’apparente e sconcertante semplicità.

Lontana anni luce dallo sguardo romanticizzato che dipinge le culture indigene del Brasile (ma non solo) attraverso un prisma positivizzante, Maya da-Rin naviga senza paura fra il bene e il male, il bianco e il nero, in quella zona di mezzo fra città e foreste immense dove Justino (bravissimo Regis Myrupu) sembra essere intrappolato. Una zona complessa tanto quanto le società indigene contemporanee (di cui i Desana fanno parte) del Nordovest del Brasile in esilio fra il cemento disumanizzante di grandi centri urbani come Manaus.

Dopo la recente morte della moglie, Justino vive solo con sua figlia Vanessa (la misteriosa e intensa Rosa Peixoto) che lavora come infermiera nell’ospedale cittadino. Dopo che Vanessa gli annuncia la sua imminente partenza per Brasilia per studiare medicina, Justino che lavora come guardia di sicurezza negli immensi depositi portuali della città comincia a sviluppare una misteriosa febbre di cui i medici non riescono a definire la causa. Scettico rispetto alla medicina tradizionale Justino cerca di spiegare a sua figlia che l’origine del suo male è ben altra, un qualcosa che lei non riuscirebbe a capire. Alla stregua d’un cacciatore privato delle sue armi il misterioso protagonista di The Fever procede come un funambolo sulla corda tesa che separa in due la sua identità: quella di indigeno Desana e di cittadino qualunque. Pedinato da un misterioso felino che sembra incarnare la sua natura selvaggia e libera dalle restrizioni della società in cui vive, e costantemente in lotta contro un sonno che tenta in tutti i modi di trasportarlo nel mondo complesso dei suoi antenati, Justino vive giorno per giorno, danza una coreografia che non sente più come sua. Come la cosmogonia stessa delle società indigene del Nordovest del Brasile The Fever risveglia negli attori una sensibilità a fior di pelle, fra coscienza e sogno. “Hanno svegliato qualcosa che dormiva in noi, ci hanno fatto vedere quello che non sapevamo”, dice Regis Myrupu. Una dichiarazione forte, assolutamente in linea con la sensibilità di una regista rispettosa dei suoi personaggi a cui da la straordinaria possibilità di mostrare la ricchezza e la complessità della loro cultura.

The Fever è prodotto dalle brasiliane Tamanduá Vermelho e Enquadramento Produçoes e coprodotta dalla francese Still Moving insieme alla tedesca Komplizen Film. Still Moving si occupa anche delle vendite internazionali del film.

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