email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

VENEZIA 2019 Fuori concorso

Recensione: Il pianeta in mare

di 

- VENEZIA 2019: Il nuovo documentario di Andrea Segre racconta il complesso pianeta industriale di Marghera, situato nel cuore pulsante della Laguna veneziana

Recensione: Il pianeta in mare

Dopo aver presentato due anni fa il lungometraggio drammatico L’ordine delle cose [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Andrea Segre
scheda film
]
, Andrea Segre torna alla Mostra di Venezia con il suo nuovo documentario fuori concorso, intitolato Il pianeta in mare [+leggi anche:
trailer
intervista: Andrea Segre
scheda film
]
e ambientato a Marghera, dove ha sede una della aree industriali più importanti del Nord-est e dell’Italia intera. Il film si apre con alcuni versi tratti dalla canzone di Alberto D’Amico del 1973, Ti sa miga, che descrive Marghera come “quel luogo dove, tanto tempo fa, c’era il mare” e dove è caduto “un pianeta tutto infuocato.”

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Fin da subito, il documentario si presenta come uno splendido e variegato spaccato della brulicante umanità di Marghera, fatta di uomini, donne, giovani, anziani, italiani e stranieri. Li impareremo a conoscere più da vicino in qualità di spettatori nel corso della pellicola. In questo film, Segre decide di non usare interviste classiche; piuttosto, preferisce ritrarre i suoi personaggi direttamente in azione nei loro contesti quotidiani e cogliendo diverse conversazioni estemporanee, all’interno delle quali emergono, di volta in volta, un pizzico d’ironia, una velo di malinconia, una nostalgia di fondo, una grande resilienza e, più in generale, un desiderio di riscatto per il futuro di Marghera. I soggetti si fidano del regista e parlano con naturalezza e schiettezza di fronte all’obiettivo: si tratta di una qualità importante – se non indispensabile – per un racconto di taglio cinematografico e non giornalistico come quello ideato dal regista veneto.

L’utilizzo dei materiali d’archivio, più o meno recenti, risulta sempre azzeccato e ben si interseca con la magistrale colonna sonora, ad opera del compositore Sergio Marchesini, del fonico di presa diretta Alberto Cagol e del montatore del suono Riccardo Spagnol. Il loro lavoro consente di immergere lo spettatore, tramite il curatissimo paesaggio sonoro e alcune musiche molto suggestive, in questo piccolo microcosmo del Nord-est italiano e di raccontarlo laddove le parole non bastano. Le scene con i soggetti in azione, inoltre, sono inframezzate da diversi dettagli ed establishing shot (visivamente impeccabili) ritraenti alcuni degli elementi più significativi del pianeta industriale: le ruspe in movimento, i camion di passaggio sull’asfalto, il grigiore ed il fermento degli stabilimenti, la bellezza sconvolgente del cielo lagunare con due gondolieri intenti a remare all’inizio del film e molti altri ancora.

Infine, un pregio in più da segnalare: il documentario parla di convivenza civile e multiculturalismo con un tono piuttosto inedito, non retorico e capace di aprire interessanti spiragli di riflessione attraverso elementi semplici ed appartenenti alla quotidianità: da una semplice telefonata con una madre lontana ad una conversazione su un primo piatto da cucinare per pranzo. Nel complesso, si tratta di un film delicato, poetico e di ampio respiro: in altre parole, fa ciò che un documentario narrativo deve fare e lo fa egregiamente.

Il pianeta in mare è una produzione firmata dalla padovana ZaLab Film e Rai Cinema, in associazione con Istituto Luce Cinecittà e Banca Popolare Etica. Il film ha ricevuto il sostegno della Direzione Generale per il Cinema del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. ZaLab Film si occupa anche della sua distribuzione in Italia.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy