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VENEZIA 2019 Sconfini

Recensione: The Scarecrows

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- VENEZIA 2019: Nouri Bouzid presenta una storia attuale, dura e contorta sulle donne che tornano a casa dal fronte siriano

Recensione: The Scarecrows
Afef Ben Mahmoud (a sinistra) e Nour Hajri in The Scarecrows

Il modo in cui dovremmo trattare coloro che sono partiti per la Siria per poi tornare di nuovo a casa è una domanda scottante per molte società ed è il tema del film presentato a Venezia, in Sconfini, The Scarecrows [+leggi anche:
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dell’habitué di Cannes Nouri Bouzid (Man of Ashes del 1986, Golden Horseshoes del 1989). Ambientato in Tunisia nel 2013, The Scarecrows guarda alle storie particolarmente brutali di due donne che sono state convinte a lasciare le loro case per un paradiso siriano, solo per scoprire l'inferno del commercio sessuale. Quando ritornano, scoprono di essere trattate come paria nelle loro società perché hanno scelto di partire per la Siria.

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Sfregiate e traumatizzate dalle loro esperienze, le ventenni Zina (Joumene Limam) e Djo (Nour Hajri) tornano in Tunisia, dove vengono imprigionate. La dottoressa umanitaria Dorra (Farma Ben Saidane), l'avvocato Nadia (Afef Ben Mahmoud) e il suo assistente Driss (Mehdi Hajri) vengono tutti in aiuto delle donne. Tale è il livello di odio nei confronti di queste donne che persino coloro che sono disposti ad aiutarle vengono puniti.

La storia di Zina si svolge come una storia poliziesca, poiché l'avvocato la incoraggia a perseguire l'uomo che inizialmente la persuase a recarsi nella zona di guerra. Mentre lo fanno, i flashback mostrano come si sia innamorata e sia stata ingannata, ma questi flashback sono eseguiti in modo goffo, creando una narrazione confusa. La trama è ulteriormente complicata dalla lotta interna di Djo per accettare di portare in grembo il figlio di uno dei suoi stupratori.

Il punto di forza di questo dramma è nel suo ritratto della mentalità di una società che condanna queste donne, mostrando loro zero empatia e trattandole come paria. Questa ondata di critiche è aggravata dalle bacheche pubbliche dei social media. Queste donne sono macchiate per sempre. Bouzid denuncia il fallimento della società tunisina nel riconoscere o affrontare le pressioni sociali e culturali che hanno contribuito a far finire queste ragazze in Siria.

È un argomento di attualità e un problema globale. Il governo britannico ha recentemente privato un'adolescente della cittadinanza britannica, piuttosto che fare qualsiasi tentativo di comprendere o riabilitare questa giovane donna, o addirittura incarcerarla e poi riabilitarla.

Purtroppo, il film fatica a sviluppare questa idea generale e andare dritto al punto, cosa che sminuisce la portata di un messaggio altrimenti potente. Mentre Nadia e Zina cercano di ricostruire il passato, si imbattono in misere esibizioni lungo la strada. Djo sprofonda nel mutismo e inizia a scrivere un romanzo sullo "stupro halal". È un'esperienza frenetica, e lei inizia a perdere la testa, scrivendo nomi sui muri. Le pareti sono un motivo ricorrente in tutto il film. E, come se queste storie oscure non bastassero, Bouzid critica anche l'oppressione degli omosessuali e la mancanza di luoghi sicuri per le donne in pubblico. Nel suo tentativo di creare un'opera investigativa e di riportare testimonianze dettagliate, la trama impiega del tempo per prendere forma e slancio.

È un peccato che la narrazione sia così confusa e troppo complicata, perché la trama centrale è potente, urgente e ambiziosa. Anche la famiglia di Zina compare nella storia, poiché Bouzid sottolinea come i problemi in Tunisia derivino dalla società patriarcale, con il comportamento irregolare del padre di Zina che simboleggia questo malessere.

The Scarecrows è una produzione tunisino-marocchino-lussemburghese guidata da Mésanges Films, Lycia Productions e Samsa Film. Le vendite mondiali sono gestite da MPM Premium.

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(Tradotto dall'inglese)

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