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VENEZIA 2019 Fuori concorso

Recensione: The Burnt Orange Heresy

di 

- VENEZIA 2019: Giuseppe Capotondi gioca con un piccolo mistero ben congegnato che non basta a fare un film di 98 minuti

Recensione: The Burnt Orange Heresy
Claes Bang ed Elizabeth Debicki in The Burnt Orange Heresy

Mettiamo subito in chiaro: che Claes Bang sia sulla buona strada per una carriera internazionale costellata da ruoli maschili forti è un fatto grandioso, perché non c’è personaggio più simpatico. "Incredibile che non abbia mai avuto una parte da protagonista", aveva dichiarato Ruben Östlund a proposito dell'attore danese impiegato in parti principalmente televisive (vedi, ad esempio, il call boy Claudio in The Bridge). Quando poi Östlund gli ha affidato il ruolo principale di Christian, il curatore d'arte in The Square [+leggi anche:
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, vincitore della Palma d'Oro, le cose hanno fatto letteralmente "Bang"! Ora vediamo l’attore in un altro ruolo da protagonista, sempre come esperto d'arte, nell'adattamento di Giuseppe Capotondi della crime novel di Charles Willeford, The Burnt Orange Heresy [+leggi anche:
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, che ha chiuso la Mostra del cinema di Venezia 2019.

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Bang guida un cast che include Donald Sutherland e Mick Jagger. Interpreta James Figueras, un noto critico d'arte portoricano (come da libro) che vorrebbe fare qualcosa di più che tenere conferenze davanti a donne americane desiderose di soddisfare i loro sfizi culturali durante le loro vacanze in Europa. E così schiaccia il pedale quando analizza un goffo dipinto di un celebre artista norvegese sopravvissuto all'Olocausto e che, dopo di questo, non ha voluto più usare un pennello. "Chi vorrebbe una stampa?" chiede, e tutte le mani si alzano. Ma poi confessa di aver mentito e che quello scarabocchio lo ha fatto lui. Tutte le mani scendono tranne una: quella di una giovane bionda in stile Hitchcock, proveniente da Duluth, con niente di meglio da fare quel fine settimana... Subito dopo vediamo il nostro ispano-scandinavo Cary Grant e la nostra Grace Kelly del Minnesota (Elizabeth Debicki, da Il grande Gatsby) trasferirsi nella camera da letto dell’appartamento di lui a Milano, per dirigersi poco dopo verso il Lago di Como. E qui arriva Jagger.

Mick interpreta Cassidy, un collezionista d'arte ricco come la nostra rockstar preferita degli anni '60, che sembra avere un asso nella sua manica. Niente di meno che il più leggendario degli artisti solitari, Jerome Debney (Sutherland), risiede attualmente nella casa con piscina nella tenuta di Cassidy. Piacerebbe a Figueras intervistare il genio mai intervistato? Affermativo. Ma ecco la trappola: Figueras dovrà scoprire e prelevare una nuova opera d'arte di Debney, della cui produzione non si vede nulla da cinquant'anni. Inutile dire che questo scatenerà il caos. Alla fine di una giornata di furto, contraffazione e persino morte, il nostro critico d'arte avrebbe fatto meglio a chiedersi: dovrei forse stare attento a ciò che desidero?

Mentre The Burnt Orange Heresy avrebbe funzionato alla perfezione come un misterioso e intricato cortometraggio, non funziona del tutto come un film di 98 minuti. Alcune parti mancano in modo evidente della presenza di Jagger e Sutherland, la cui disponibilità sul set sarà stata limitata (non condividono alcuna scena). Riguardo al nostro uomo, Bang, per il quale questo film è una grande vetrina, si pone chiaramente come una sorta di Pierce Brosnan continentale. Come tale, ci auguriamo che riceva altre telefonate interessanti, dall'estero e da casa. Von Trier, magari?

The Burnt Orange Heresy è una produzione delle americane MJZ, Rumble Films e Wonderful Films, e dell’italiana Indiana Production; le vendite sono gestite da HanWay e UTA/CAA (Stati Uniti).

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(Tradotto dall'inglese)

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