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ROMA 2019

Recensione: This Is Not Cricket

di 

- Il documentario di Jacopo de Bertoldi sui valori dell’integrazione racconta la storia di amicizia tra due ragazzi uniti dalla passione per il cricket, nel quartiere più multietnico di Roma

Recensione: This Is Not Cricket

Cosa accomuna Fernando, romano cresciuto dalla zia siciliana e Shince, autentico romano di origine indiana? La passione per lo sport più praticato al mondo, dopo il calcio, ma che in Italia è quasi sconosciuto: il cricket. This Is Not Cricket [+leggi anche:
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, il documentario di Jacopo de Bertoldi presentato ad Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, come evento speciale di Panorama Italia, è la storia di un’amicizia nata sul campo, la risposta più semplice a pregiudizi e frontiere.

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This Is Not Cricket inizia in un modo classico, con un found footage in cui si vede Fernando neonato e la voce fuori campo che dice “questo sono io, sono nato nel 1994, lo stesso anno in cui Nelson Mandela è diventato il primo presidente nero del Sudafrica mettendo fine all’apartheid, non so perché ma per me è sempre stato importante”. Forse perché a Roma anche i siciliani una volta si sentivano un po’ stranieri. Fernando è nato e vive a Piazza Vittoria, il quartiere più multietnico della città, come ormai tutti sanno, consacrato anche dal recente diario-documentario di Abel Ferrara che vive lì da qualche anno. Gli amici di Fernando sono sempre stati figli di immigrati da tutto il mondo. E così un giorno questo bambino scende al parco e vede i suoi coetanei che giocano ad un gioco che lui non aveva mai visto, un gioco di origine britannica e coloniale che paradossalmente è il cordone ombelicale che tiene legati gli immigrati in Europa ai loro Paesi di origine. E così vediamo Fernando intervistato dal telegiornale regionale per il primo anno di vita del Piazza Vittorio Cricket Club. “Quel pomeriggio arrivò Shince, e mentre i genitori denunciavano la sua scomparsa alla polizia, quel bambino indiano scappato di casa insegnava agli altri come si gioca davvero a cricket”. I due diventano inseparabili. La regola principale del cricket? Una palese metafora dell’integrazione: il battitore colpisce la palla, lascia la propria casa per raggiungerne un’altra, la corsa tra una casa e l’altra è il momento più pericoloso, il giocatore può essere eliminato…

La squadra, guidata da due allenatori idealisti, è campione d’Italia. Le trasferte, le discussioni sulle ragazze, i litigi. Ma poi si diventa più grandi, la grande famiglia si sfalda, qualcuno comincia a lavorare e non va più agli allenamenti, chi preferisce la moschea, i giri loschi, qualcuno si mette a spacciare. Si chiude dopo sette anni di attività. “Non ti accorgi di quello che hai finché non ce l’hai più”, riflette poeticamente Fernando. Nel 2015 lui e Shince rispolverano le mazze da cricket, si riparte, anche se il magnifico lanciatore indiano della squadra adesso ha la pancia. I due amici vogliono ancora una squadra multietnica, con i valori di un tempo. Il regista segue la coppia di amici attraverso gli anni - come Richard Linklater ha seguito Mason dall’infanzia al college nel bellissimo Boyhood - in una città dalla millenaria accoglienza che oggi invece stenta a riconoscere i propri figli, capitale di un Paese in cui si fa sempre più forte la propaganda xenofoba delle destre. In Shince e Fernando il regista cerca la proiezione di un futuro possibile, in un’Europa aperta, realizzando un bel documentario che piacerebbe a Ken Loach.

This Is Not Cricket è una produzione MIR Cinematografica con Rai Cinema, con la partecipazione di Cinétévé con France Télévisions, con il supporto del CNC - Centre National du Cinéma et de l'image Animée. Lo sviluppo è stato sostenuto da Eurodoc Media - Creative Europe.

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