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FILM / RECENSIONI Italia

Recensione: Gli uomini d’oro

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- Il secondo film da regista di Vincenzo Alfieri rievoca un clamoroso fatto di cronaca degli anni ’90, tra heist movie, noir e crime-comedy, con protagonista un insolito Fabio De Luigi

Recensione: Gli uomini d’oro
Fabio De Luigi e Giampaolo Morelli in Gli uomini d’oro

“Se ne facessero un film comincerebbe come I soliti ignoti di Monicelli e finirebbe come Le iene di Tarantino”. Così il giornalista Meo Ponte, dalle pagine del quotidiano La Repubblica, descriveva nel 1996 il caso di una rapina a un furgone portavalori messa a segno proprio dagli uomini che lo guidavano tutti i giorni, due impiegati alle Poste di Torino. Questa clamoroso fatto di cronaca torna sul grande schermo – già raccontato nel 2000 in Qui non è il paradiso di Gianluca Maria Tavarelli – in Gli uomini d’oro [+leggi anche:
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, secondo film da regista dell’attore e sceneggiatore (e qui anche montatore) Vincenzo Alfieri, dopo I peggiori [+leggi anche:
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Heist movie, crime-comedy, dramma, noir, sono i tanti modi per definire questo film di tono e genere oscillanti, e per certi versi spiazzante. A partire dal cast: gli eroi della commedia Giampaolo Morelli (Ammore e malavita [+leggi anche:
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), Edoardo Leo (Smetto quando voglio [+leggi anche:
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), ma soprattutto Fabio De Luigi (maschera comica, buonista e un po’ imbranata, in decine di film), incarnano qui personaggi cupi e tormentati, in cerca di rivalsa e disposti a tutto. Sono loro tre gli ideatori e artefici del colpo grosso che consiste nello scambiare i sacchi pieni di banconote trasportati nel furgone portavalori delle Poste con mazzette di carta straccia (con l’ausilio del “piccolo” Luciano Giuseppe Ragone), un piano perfetto che non prevede armi né spargimenti di sangue, ma che sarà costellato da tanti errori.

È dai loro rispettivi punti di vista che ci viene raccontata la storia, suddivisa in tre capitoli: quello del “Playboy” Luigi (il sempre napoletanissimo Morelli), prossimo alla baby pensione e con il sogno di aprire un chiringuito in Costa Rica, ma che, per le disposizioni del nuovo governo, scopre di dover lavorare ancora venti anni, in una città che oltretutto non lo accoglie; il “Cacciatore” Alvise (De Luigi), impiegato apparentemente modello, burbero e cardiopatico, che svolge altri due lavori per non far mancare nulla alla sua famiglia (sua moglie è Susy Laude); e il “Lupo” (Leo, che per la parte ha messo su chili e muscoli), ex pugile frustrato, che sogna di sposare la sua bella e sprezzante fidanzata cubista sudamericana (Mariela Garriga). Nel cast anche Matilde Gioli e Gian Marco Tognazzi, quest’ultimo nei panni di un sarto d’alta moda, un po’ fumettistico, dall’insospettabile doppia vita.

Scritto da Alfieri con Alessandro Aronadio (regista di Orecchie [+leggi anche:
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), Renato Sannio e Giuseppe G. Stasi, il film vuole scavare nelle motivazioni diverse che portano i tre personaggi, persone comuni e improbabili, ad architettare il “colpo della vita”, più che sul caso in sé, come faceva invece il film di Tavarelli. Tra partite e dispute calcistiche, frivolezze e oppressione familiare, gelosia e frustrazioni (“Preferisci venti anni di galera a venti anni di lavoro alle Poste?” - “E non è la stessa cosa?”), sullo sfondo di una Torino fredda, inospitale e razzista, ben fotografata da Davide Manca (Il contagio [+leggi anche:
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e la premiata serie TV Il cacciatore, tra i suoi tanti lavori), il film si avvale di una veste estetica e sonora notevole (le musiche originali sono di Francesco Cerasi, Nastro d’Argento nel 2011) per raccontarci di persone fragili vittime dei propri sogni, di crimine per necessità, ma constatando anche che il crimine non è cosa per tutti.

Gli uomini d’oro è prodotto da Italian International Film di Fulvio e Federica Lucisano con Rai Cinema, realizzato con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte e con il contributo del Piemonte Film TV Fund. Il film arriva nelle sale italiane oggi, giovedì 7 novembre, in oltre 300 copie distribuite da 01.

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