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TORINO 2019

Recensione: Il grande passo

di 

- Unico titolo italiano in concorso al 37° Torino Film Festival, la favola sci-fi agrodolce di Antonio Padovan riunisce per la prima volta sullo schermo Giuseppe Battiston e Stefano Fresi

Recensione: Il grande passo
Giuseppe Battiston e Stefano Fresi in Il grande passo

Carlo Mazzacurati incontra Steven Spielberg nel nuovo film di Antonio Padovan, Il grande passo [+leggi anche:
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, presentato in concorso al 37° Torino Film Festival, una favola sci-fi agrodolce con protagonisti due fratelli che si conoscono per la prima volta, sullo sfondo della nebbiosa provincia veneta e di improbabili esperimenti con razzi spaziali fai-da-te, tra la malinconia e la poetica delle piccole cose del compianto regista veneto, e l’idealismo misto a stupore dei film di fantascienza del maestro americano.

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“Vuoi andare sulla Luna? Ma mica sei la NASA!”. Chiamato in causa come parente più prossimo, nonostante non ci sia alcun rapporto fra loro poiché nati da due madri diverse e da un padre assente, il “romanaccio” Mario (Stefano Fresi) è costretto a correre nel Polesine, nella campagna veneta, in soccorso di Dario (Giuseppe Battiston) perché quest’ultimo, tentando di far decollare il suo razzo puntato verso la luna, ha dato fuoco a un campo, è stato denunciato e rischia di finire in ospedale psichiatrico. Pur essendo molto simili fisicamente (Battiston e Fresi si ritrovano qui per la prima volta insieme sul set, e questa accoppiata è indubbiamente un motivo di curiosità in più per il film), i due fratellastri non potrebbero essere più diversi. Uno, scontroso e considerato il matto del villaggio, sogna di viaggiare nello spazio usando come forza propulsiva la nebbia padana; l’altro, bonario, sempliciotto e con i piedi ben ancorati per terra, non estende i propri orizzonti oltre il piccolo negozio di ferramenta che gestisce a Roma con sua madre.

A dividere i due fratelli è anche il ricordo opposto che hanno del loro genitore comune: per Mario, praticamente un fantasma; per Dario, colui da cui ha ereditato visionarietà e ingegno. Sono i sogni a distinguere gli esseri umani dagli animali, gli diceva suo padre. E dopo il trauma dell’abbandono, Dario è cresciuto sognando, a costo di venir emarginato e deriso dai suoi compaesani. Battiston (già diretto da Padovan nella sua apprezzata opera prima, Finché c’è prosecco c’è speranza [+leggi anche:
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) interpreta con finezza e misura la sofferta follia di questo personaggio monomaniacale, il cui unico scopo nella vita è staccarsi da terra e volare via. Fresi, dal canto suo, non delude nei panni del gigante buono – disorientato in questo remoto paesino del Nord, nonché spiazzato dalle assurde aspirazioni del fratello – che dà al film un tocco di comicità.

Bella ode ai sognatori, il film risente di una piccola stasi nella sua parte centrale – si calca la mano sui caratteri opposti dei personaggi e si aggiunge poco alla trama – ma l’epilogo, guardato con gli occhi meravigliati di tutti i personaggi del film (tra cui ricordiamo Roberto Citran, Camilla Filippi e Teco Celio, con un cameo di Flavio Bucci), è degno del migliore Spielberg. Riuscirà il nostro eroe a realizzare la sua utopia di andare sulla luna? Quello che conta è crederci, fino in fondo.

Scritto dal regista con Marco Pettenello (sceneggiatore di quattro film di Mazzacurati), con le musiche di Pino Donaggio e gli effetti visivi della società romana Lightcut Film (da notare che non mancano nel film scene degne di Cape Canaveral), Il grande passo è prodotto da Ipotesi Cinema e Stemal Entertainment con Rai Cinema.

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