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FILM / RECENSIONI Italia

Recensione: L’Immortale

di 

- Marco D’Amore dirige se stesso nello spin-off cinematografico di Gomorra - la serie dedicato al suo personaggio più iconico

Recensione: L’Immortale
Marco D’Amore in L’Immortale

Con immensa sorpresa, visto il suo soprannome e la sua fama, i fan di Gomorra - la serie lo avevano visto ucciso al termine della terza stagione. Ma Ciro Di Marzio, quella notte nel golfo di Napoli, sparato dal suo amico/nemico di sempre Genny Savastano, non è morto davvero. Come sono andate allora le cose, da quel momento in poi, per il personaggio più iconico di Gomorra? La risposta non va cercata in tv, ma in sala, in L’Immortale [+leggi anche:
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, lo spin-off cinematografico della famosa serie originata dal libro di Roberto Saviano, diretto e interpretato da Marco D’Amore, che di Ciro Di Marzio è da anni l’inconfondibile volto.

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Già regista di due episodi della quarta serie, D’Amore riporta così in vita il boss di Secondigliano, detto “l’immortale” perché sopravvissuto appena nato a un devastante terremoto, in un film per il cinema che farà da ponte verso la quinta stagione tv (le cui riprese cominceranno nella primavera-estate 2020), un’operazione crossmediale innovativa e complessa, che riunisce piccolo e grande schermo in un universo narrativo unico – il film è a sé stante, ma per capire la prossima stagione di Gomorra bisogna aver visto L’Immortale.

C’è un dialogo continuo tra passato e presente nel film, e l’utilizzo massiccio di flashback è una delle differenze sostanziali rispetto alla serie. Il salvataggio di Ciro in mare, dove era stato gettato dai suoi assassini, ci viene raccontato in parallelo al recupero di Ciro neonato sotto le macerie del terremoto di Napoli del 1980, in una sequenza iniziale di forte impatto. E mentre assistiamo alla nuova vita del boss redivivo, nascosto ed esiliato a Riga, in Lettonia, per gestire un grosso traffico di stupefacenti e dove non mancheranno sanguinose guerre tra gang, alcuni flash del passato ci mostrano l’infanzia di Ciro orfano in una Napoli post-terremoto, simile a quella del dopoguerra, dove il destino dei bambini abbandonati a se stessi è quello di entrare nella “paranza” di qualche delinquente. Furti di autoradio, contrabbando di sigarette e poi di droga, a bordo di veloci motoscafi, sono all’ordine del giorno per il ragazzino (interpretato dall’11enne Giuseppe Aiello, trovato a Scampia), che il suo mentore criminale, Bruno (Giovanni Vastarella), considera uno dei più coraggiosi. È proprio Bruno il punto di raccordo tra il passato e il presente di Ciro, poiché è lui (incarnato in età matura da Salvatore D’Onofrio) ad accoglierlo a Riga. Appare subito chiaro che Ciro non è affatto contento di rivederlo, e i flashback ci spiegheranno gradualmente il perché.

Ciro Di Marzio è un gangster tormentato, taciturno, una maschera tragica, quasi shakespeariana, un gangster che piange. “La gente come noi non si può permettere una famiglia”, gli dice Yuri (Aleksei Guskov), il boss russo con cui collabora, e chi conosce le vicende passate di Ciro, quelle narrate nella seconda stagione di Gomorra - la serie, sa che è proprio così. Il film è più meditativo, letteralmente avvolto dal commento musicale dei Mokadelic: la solitudine del criminale, il sacrificio delle persone care, la paura quotidiana di morire, di essere scoperti o di non essere all’altezza, sono altrettanti temi sfiorati in questa pellicola fatta di personaggi fragili e dannati, in cui il carattere epico del protagonista non sminuisce la sua profonda miseria.

L’Immortale, il cui cast include anche Marianna Robustelli, Martina Attanasio e Gennaro di Colandrea, è prodotto da Cattleya con Vision Distribution, in collaborazione con Sky TimVision e Beta Film. In Italia, esce in sala il 5 dicembre con Vision Distribution, in circa 450 copie.

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