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LUSSEMBURGO 2020

Recensione: Skin Walker

di 

- Il primo lungometraggio del lussemburghese Christian Neuman rivela il gusto del suo autore per esperimenti di ogni genere

Recensione: Skin Walker
Amber Anderson in Skin Walker

Regine ritorna nella sua casa di famiglia dopo anni di assenza: una vecchia dimora infestata da brutti ricordi. Questo posto è la prima invenzione di Skin Walker [+leggi anche:
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, avendo il lussemburghese Christian Neuman fatto anche appello allo scenografo Philippe Lambrechts per magnificarne i diversi spazi. Tutti i codici archetipici del genere horror sono così riuniti nel suo film proiettato di recente al Luxembourg City Film Festival dopo essere stato selezionato per la sua prima mondiale al Festival del Cairo nel novembre 2019: lunghi corridoi fiancheggiati da porte; un vecchio pozzo; una foresta inquietante.

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Da lì, Neuman procede per omissioni e si prende tutto il tempo per rievocare le ferite del passato. Il ritorno a casa di Regine (Amber Anderson) è intervallato da flashback che danno allo spettatore l'opportunità di assemblare gradualmente ogni nuovo pezzo del puzzle. Un sistema che ha tanti punti di forza e di debolezza: portando con sé la loro parte di domande e misteri, questi ritorni al passato oscuro della famiglia sono troppi e confusi, rischiando di far prendere alla storia una tangente assurda. Andando in così tante direzioni, Skin Walker perde in sostanza. Ma non importa: Neuman sceglie di andare fino in fondo.

Scopriamo quindi che Isaac, il presunto fratello nato morto di Regine, è forse ancora vivo... Tra la sete di verità espressa dalla giovane donna e l'ignominia dei fatti, c'è un ultimo ostacolo: il padre, interpretato dall'eccellente Udo Kier. Per dar vita a questo personaggio ritirato, l'ultima incarnazione vivente degli ignobili segreti sepolti dalla famiglia, Christian Neuman non avrebbe potuto sperare di meglio: lo sguardo chiaro e penetrante dell'attore tedesco mantiene una crescente angoscia nello spettatore. Tuttavia, non sembra che tutti i personaggi abbiano ricevuto la stessa attenzione, nella scrittura come nella direzione degli attori... Questo è ad esempio il caso di Robert (Jefferson Hall), un vecchio parente stretto della famiglia di cui non si capisce bene il ruolo nella sceneggiatura.

Skin Walker riunisce tutte le caratteristiche di un film inclassificabile. È un film horror, la cui violenza visiva, senza essere troppo frontale, occupa sempre più spazio. È anche un'opera sperimentale, un terreno caro a Christian Neuman il cui saggio precedente The End Of Everything As You Knew It. A Guide (2015) ne è l'espressione più lampante. Ma Skin Walker è anche un thriller psicologico, che tradisce il gusto del regista per universi familiari particolarmente tormentati: il suo cortometraggio Time for New Heroes (2009), su un'adolescente in lutto per suo padre, anticipa l’eroina di Skin Walker.

Creati da Virginia Ferreira, i costumi – e in particolare quelli di Regine – sono così elaborati che da soli sembrano raccontare una storia parallela. Niente di sorprendente visto che nel 2009 Christian Neuman ha fondato con Ferreira il marchio londinese Belle Sauvage e ha realizzato diversi film promozionali, tra cui l'interessante Self Similarity (2012) che raffigura delle donne adornate con tessuti futuristici dai colori allo stesso tempo sgargianti e gotici. In breve: per Neuman, ogni occasione è buona per esplorare un'estetica punk non convenzionale, e Skin Walker non fa certamente eccezione.

Queste molteplici influenze e fonti di ispirazione sono la curiosità di Skin Walker. Ma anche la sua debolezza poiché il suo autore sembra voler abbracciare tutto allo stesso tempo, a rischio di soffocare lo spettatore...

Il film è prodotto da Calach Films (Lussemburgo) e Caviar Films (Belgio), ed è venduto all'estero dalla società tedesca Media Luna New Films.

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(Tradotto dal francese)

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