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VENEZIA 2020 Giornate degli Autori

Recensione: Cigare au miel

di 

- VENEZIA 2020: Kamir Aïnouz apre le Giornate degli Autori con la sua opera prima incentrata su una giovane donna che, a cavallo tra due culture, cerca di trovare la propria strada

Recensione: Cigare au miel
Zoé Adjani in Cigare au miel

“Io non sono unica, sono doppia”. Lo dice forte e chiaro la protagonista di Cigare au miel [+leggi anche:
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intervista: Kamir Aïnouz
scheda film
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, la bella e fiera Selma, all’inizio del film, durante un colloquio di ammissione a una prestigiosa scuola di Parigi. Incarnata con grande forza da Zoé Adjani (nipote di Isabelle), questo personaggio di ragazza 17enne francese di origine algerina, divisa tra modernità e tradizione, è l’anima dell’incisiva opera prima della regista franco-algerina Kamir Aïnouz, sorella del regista brasiliano-algerino Karim Aïnouz, che ha aperto la 17ma edizione delle Giornate degli Autori di Venezia. Un racconto di formazione intenso in cui la parabola di una giovane donna che scopre il proprio corpo e il desiderio sessuale rivela una fitta trama di contraddizioni legate alla cultura patriarcale, sullo sfondo del conflitto in Algeria nei primi anni ’90 del secolo scorso.

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Appartenenti all’erudita borghesia berbera immigrata in Francia, il padre avvocato (Lyes Salem) e la madre ginecologa (Amira Casar) inculcano a Selma che la priorità nella vita è studiare, ma poi tentano più o meno velatamente di combinarle un buon matrimonio, organizzando gustose cene in compagnia di amici di famiglia con figli maschi papabili. “A cosa serve studiare se poi quello che conta è sposarsi?” chiede giustamente la ragazza, una domanda alla quale la madre, che ha rinunciato alla sua carriera per crescere sua figlia, non sa bene cosa rispondere. A scuola, in compagnia dei suoi spregiudicati amici francesi, Selma mostra una faccia che è poi costretta a nascondere con i genitori nell’intimità della loro confortevole casa a Neuilly-sur-Seine, sobborgo chic di Parigi: la faccia di una ragazza sessualmente disinibita e al passo con i tempi, libera e con la risposta sempre pronta alle provocazioni.

In particolare, è l’incontro con l’attraente Julien (Louis Peres) a fare da detonatore nella quotidianità di Selma: il desiderio ha finalmente un volto e un nome, e così la ragazza trasforma il proprio corpo in un campo di battaglia per la libertà, decidendo cosa farne e quando, a dispetto dei continui richiami della madre a non perdere la verginità prima del matrimonio e degli accessi d’ira del padre che, dinanzi all’ennesimo coprifuoco non rispettato, decide di rinchiudere sua figlia in casa e allontanarla dalle sue pericolose compagnie. L’educazione liberale si scontra con la coercizione sessuale, e Aïnouz è molto abile nel dipingere i diversi mondi di Selma, alternando le conversazioni politiche a tavola alle serate “proibite” con Julien, i progetti per il futuro di una brillante carriera nella finanza e l’amara sottomissione (anche qui sessuale) a colui che potrebbe aiutare Selma a realizzare questi progetti, svelando che le compagnie pericolose a volte sono ben altre.

E poi c’è l’Algeria, dove il film si sposta a un certo punto: la pericolosa Cabilia dove nei primi anni ‘90 si vive sotto la minaccia del terrorismo ma dove, come dice la madre a Selma, “sarebbe ancora più pericoloso per te non andare”. È lì che le due donne troveranno una nuova complicità, unite dal desiderio di emancipazione e autodeterminazione, e dove la madre, in una significativa evoluzione del suo personaggio, potrà davvero dare il buon esempio a sua figlia, spinta dall’urgenza di cambiare le cose direttamente sul campo. Dimostrando che non è mai troppo tardi per non dipendere da nessuno.

Cigare au miel è una produzione franco-algerino-belga di Eliph Productions e Willow Films, in coproduzione con Les Films du Fleuve [+leggi anche:
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intervista: Kamir Aïnouz
scheda film
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dei fratelli Dardenne, Les Productions du Ch’timi de Dany Boon, Les Films du Mirakle (Francia) e M.D. Ciné (Algeria). Le vendite internazionali sono affidate a Best Friend Forever.

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