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VENEZIA 2020 Giornate degli Autori

Recensione: Spaccapietre

di 

- VENEZIA 2020: Gianluca e Massimiliano De Serio tornano al cinema di finzione con una storia di amore paterno calata nella crudeltà nel mondo del caporalato agricolo

Recensione: Spaccapietre
Salvatore Esposito in Spaccapietre

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, Gianluca e Massimiliano De Serio tornano al cinema di finzione con Spaccapietre [+leggi anche:
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, un film che si cala nel mondo dello sfruttamento del lavoro nei campi agricoli del sud Italia raccontando la storia struggente di un padre e un figlio attraversati da un grande dolore e costretti a sottostare a ogni tipo di umiliazione per sopravvivere. L’opera seconda dei fratelli torinesi (che nel 2015 erano al Lido con il loro film documentario I ricordi del fiume [+leggi anche:
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) è l’unico titolo italiano in concorso alla 17ma edizione delle Giornate degli Autori, nell’ambito della 77ma Mostra del cinema di Venezia.

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Protagonista del film è Salvatore Esposito (lo spietato Genny Savastano di Gomorra - la serie), che qui veste i panni per lui inediti di schiavo dei nostri tempi. Siamo in Puglia. Giuseppe è un padre e marito amorevole, e non è più in grado di svolgere il suo lavoro come spaccapietre in una cava a causa di un brutto infortunio all’occhio. Per questo, spetta a sua moglie Angela (Antonella Carone) uscire di casa nel cuore della notte e guadagnarsi i soldi come bracciante nei campi di pomodori, per mantenere sé, suo marito e suo figlio Antò (Samuele Carrino). Un giorno, arriva una telefonata: durante la raccolta, Angela si è accasciata a terra ed è morta. Un attacco di cuore, dovuto probabilmente allo stress e alla fatica. Giuseppe e Antò restano soli e disperati, senza casa e senza un soldo. Troveranno lavoro e riparo proprio lì dove la loro amata Angela ha perso la vita: nei campi, dove sia italiani che extracomunitari si spaccano la schiena per pochi soldi, e chi non ha dove dormire può trovare alloggio in una baracca putrida.

Quello che segue è un’immersione negli orrori dello sfruttamento dei braccianti stagionali, esseri umani trattati come bestie, costretti a essere sempre più veloci e a non riposarsi mai da caporali senza scrupoli, che dal canto loro si godono le loro belle case con piscina e per i quali la tragica morte di un lavoratore è solo “un buco da coprire”. Ricatti, violenze e mortificazioni: è tramite una di queste scene che ci viene introdotto un altro personaggio chiave del film, Rosa (Licia Lanera), una donna che come Giuseppe e Antò ha perso qualcuno di molto caro, e che è vittima di attenzioni moleste da parte del capo podere (Vito Signorile). Rosa era amica di Angela, e l’ennesimo sopruso nei suoi riguardi darà a Giuseppe la forza di reagire.

I fratelli De Serio, che per questo film sono partiti da uno spunto personale (la loro nonna morì nei campi pugliesi alla fine degli anni ’50, e il nonno era uno spaccapietre), raccontano questa storia con crudo realismo ma anche con un tocco spirituale, e puntano molto sul tenero rapporto tra padre e figlio, rendendolo un punto fermo necessario per riuscire a sopportare tanta miseria. Quando Angela muore, Giuseppe fa ad Antò una promessa, quella di riportargli indietro la mamma. Una promessa chiaramente impossibile da mantenere nella realtà, e che proietta il film su un livello metafisico che potrà piacere o meno, ma che in qualche modo mette in connessione, alla fine, tutte le anime che hanno vissuto uno stesso destino di sfruttamento e dolore.

Spaccapietre è prodotto da La Sarraz Pictures con Rai Cinema, con la coproduzione di Shellac (Francia) e Take Five (Belgio), e con il contributo del Mibact e il sostegno, fra gli altri, di Europa Creativa. Le vendite internazionali sono affidate a Shellac Films.

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