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INDIECORK 2020

Recensione: Caveat

di 

- L'horror psicologico di Damian Mc Carthy è stato il film di apertura dell'edizione di quest'anno dell'IndieCork Film Festival

Recensione: Caveat
Jonathan French in Caveat

La prima mondiale dell’horror psicologico Caveat [+leggi anche:
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di Damian Mc Carthy ha aperto l’edizione di quest’anno dell’ IndieCork Film Festival (4-18 Ottobre), uno degli eventi principali in Irlanda che celebra il cinema e la musica indipendente.

Il regista irlandese ha scritto e diretto questa storia di un uomo chiamato Isaac (interpretato da Jonathan French), il quale è stato recentemente rilasciato dall’ospedale e soffre di una parziale perdita della memoria. Finisce per accettare un’offerta di lavoro molto strana da parte del suo ex padrone di casa, Barrett (Ben Caplan). Il compito consiste nel prendersi cura della sua nipotina problematica, Olga (Leila Sykes), per cinque giorni, per la più che ragionevole somma di 200 euro al giorno. La bambina abita in una casa abbandonata su un'isola isolata, dove suo padre ha presumibilmente commesso il suicidio e dove si può soltanto sentire il pianto delle volpi. Barrett riesce a convincere Isaac a limitare i suoi movimenti sull’isola, per poi lasciare i due da soli. Questo segna l’inizio di gioco turbolento tra gatto e topo, che vedrà l’uomo esplorare la casa e i suoi segreti, combattendo per sopravvivere e recuperando gradualmente la memoria. Tutto questo viene, di tanto in tanto, accompagnato dalla presenza disturbante di una bambola di pezza di un coniglio che suona un tamburo, il quale ritmo suona come una minaccia imminente e un presagio di morte. Il pupazzo è probabilmente uno dei giocattoli più inquietanti di sempre a essere apparso in un film del genere, e se hai un coniglio domestico, non riuscirai più a guardarlo nello stesso modo.

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Con risorse limitate, Mc Carthy riesce a creare un ambiente molto atmosferico. La cinematografia – cortesia del direttore della fotografia Kieran Fitzgerald – è ben realizzata e ricca di chiaroscuri stratificati sopra la carta da parete strappata della casa. Le immagini eccellenti sono supportate dalla grande scenografia di Damian Draven (Twice Shy [+leggi anche:
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). Le ambientazioni nude del posto, situato da qualche parte a Bantry, nella contea di Cork, sono ricoperte di muffa, terra e vegetazione spontanea, possedendo una bellezza (e un viscidume) rara.

La recitazione è un altro punto a favore: l’intesa tra il trio è forse l’aspetto più forte del film, e Caplan, French e Sykes riescono a offrire con successo questo strano miscuglio di schizofrenia, terrore e spietatezza che permea le loro personalità disturbate.

Tuttavia, il ritmo generale di Caveat è irregolare, e tende a rallentare troppo dopo l’impostazione iniziale e la scoperta della bambola da parte di Damian. Anche alcune scelte narrative sembrano innaturali, una più di tutte: Barrett sembra riuscire troppo facilmente, con giustificazioni deboli, a convincere Isaac a incatenarsi e limitare i suoi movimenti.

In conclusione, il film ha sicuramente elementi promettenti – in particolare, la grande recitazione, la scenografia intelligente e la cinematografia esperta, così come il tentativo del regista nello scansare i cliché tipici del genere, tipo il troppo uso dei jumpscare (salti di paura) o della musica extradiegetica – ma fallisce nel presentare una consistente narrativa coinvolgente. La mancanza di tensione in alcune parti rischia di scoraggiare lo spettatore, anche se questa perdita viene parzialmente compensata nelle parti finali, verso la resa dei conti decisiva.

Caveat è stato prodotto da Justin Hyne per HyneSight Films (con base a Londra).

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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