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BERLINALE 2021 Encounters

Recensione : Nous

di 

- BERLINALE 2021: Alice Diop tesse un ambizioso documentario patchwork sulla periferia parigina, un intreccio intimo che mette in discussione persone, tempo e identità collettiva contemporanea

Recensione : Nous

La mattina della finale della Coppa del Mondo 1998 in Francia, molti sindaci dei quartieri popolari della regione parigina raccontavano sorridendo che tante bandiere francesi erano state rubate dai frontoni degli edifici pubblici. Ma quasi 23 anni dopo questo tripudio collettivo che pensavamo fosse l'incarnazione positiva di uno spirito "black-blanc-beur" irrigante la bandiera blu-bianco-rossa, la percezione della periferia rimane una questione aperta e delicata, essendo spesso l'oggetto di numerose vignette che alimentano populismo e divisioni estremiste.

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È un tentativo di definizione, di ponti, di piste e di legami tra due mondi che si osservano sia da lontano che da molto vicino, in un complesso misto di diffidenza ed empatia, che la documentarista francese Alice Diop (personalmente coinvolta poiché è cresciuta nella cité di Aulnay-sous-Bois) schizza in Nous [+leggi anche:
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intervista: Alice Diop
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, presentato nel concorso Encounters della 71ma Berlinale. Un patchwork articolato in modo elastico sul vasto territorio che circonda la linea RER B (che attraversa la regione parigina da Nord a Sud) e incentrato sulle "piccole vite" a cui la regista offre il suo talento per i ritratti umanisti (dimostrato nella sua opera precedente, La Permanence [+leggi anche:
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), ma le cui suggestive intenzioni alla fine pongono tante domande contrastanti quanto fanno luce su ciò che era e cosa è, sulle possibilità di costruire una vita insieme.

Tracce, sagome, apparizioni furtive, ombre che si affrettano verso stazioni anonime, ricordi, riflessioni e "un silenzio carico di tutto ciò che non si può dire": da un personaggio all'altro, dal presente al passato, da una basilica al Grand Stade, dalle città ai padiglioni, da una discarica di automobili a una caccia a Fontainebleau, da un immigrato del Mali che dorme in un furgone e sfruttato tutto il giorno fino alle lacrime di una donna alla lettura pubblica del testamento scritto da re Luigi XVI Il 25 dicembre 1792 nella sua prigione del Tempio, dal memoriale della Shoah a Drancy ai giovani di oggi che ammazzano il tempo in discussioni e musica ai piedi degli edifici, Nous inanella le sequenze immersive e lascia allo spettatore il compito di trarre le proprie conclusioni dai legami così creati e dal quadro generale che emerge.

Con la sua (esplicita) intenzione di strappare all'oscurità gli individui tenuti dalle caste dominanti ai margini delle rappresentazioni simboliche (e fisicamente dei centri cittadini), Alice Diop dà forma a un documentario molto ambizioso e formalmente molto controllato (senso innato dell'espressività degli affetti e delle atmosfere, montaggio sofisticato), iniettando elementi intimi (suo padre senegalese ripercorre il suo viaggio in Francia, dove sbarcò nel 1966, e sua sorella infermiera visita a domicilio personaggi anziani molto toccanti) in un vasto campo di esplorazione. Tuttavia, e senza che questo rimetta in alcun modo in discussione la qualità del film o le evidenti (e in espansione) potenzialità della regista, l'aspetto mosaico solleva alcune domande di fondo, sia su ciò che resta per scelta fuori campo sia sulla giustapposizione di alcune sequenze che potrebbero far supporre che ci sia un Noi e un Loro. Una conclusione del tutto difendibile, ma trattata in modo così ellittico da rovinare un po’ la coerenza e l'armonia dell'insieme.

Prodotto da Athénaïse con Arte France, Nous è venduto nel mondo da Totem Films.

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(Tradotto dal francese)

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