email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2021 Concorso

Recensione: Ballad of a White Cow

di 

- BERLINALE 2021: I registi iraniani Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha raccontano in modo perfetto una storia su profonde questioni emotive e dilemmi etici

Recensione: Ballad of a White Cow
Maryam Moghaddam e Alireza Sanifar in Ballad of a White Cow

L'attrice, sceneggiatrice e regista iraniana Maryam Moghaddam ha co-sceneggiato e co-diretto Ballad of a White Cow [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, film selezionato in concorso alla Berlinale, insieme a Behtash Sanaeeha, dopo che i due avevano già collaborato a due film. Moghaddam è la protagonista del film, e la sua incredibile interpretazione guida questa storia complessa sull'innocenza, il senso di colpa, la redenzione e il perdono.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Moghaddam interpreta Mina, il cui marito, Babak, è stato condannato a morte per omicidio e giustiziato un anno prima dell'inizio della storia. Mina lavora in una fabbrica di latte e si prende cura della figlia di sette anni, sorda, ma vivace e molto intelligente, Bita (Avin Purraoufi). Insieme al fratello di Babak (Pourya Rahimisam), viene improvvisamente convocata in tribunale e le viene detto che c'è stato un errore: il vero assassino si è fatto avanti, quindi l'esecuzione di Babak è stata illecita, e saranno "risarciti del prezzo pieno per un maschio adulto".

Certo, sono scioccati, ma quando Mina riprende i sensi, decide che i soldi non bastano e pubblica un annuncio sul giornale per chiedere scuse pubbliche, così da togliere la macchia dal nome del marito. Il fratello di Babak, invece, la avverte che suo padre la denuncerà in quanto madre incompetente, ovviamente con l’intenzione di ottenere una parte del pagamento.

Un giorno, un visitatore inaspettato appare alla sua porta. Questo è Reza (Alireza Sanifar), che dice di essere un amico di Babak e che gli doveva dei soldi che vuole restituirle. Ma quando Mina e Bita vengono sfrattate dal padrone di casa proprio perché ha fatto entrare un uomo estraneo nella sua casa, anche Reza ha una soluzione: le affitta una casa per pochi soldi.

Non siamo sicuri di cosa spinga Reza a essere così generoso, ma il linguaggio del suo corpo e il comportamento generale verso Mina dimostrano che è qualcosa di più del dolore. I due si avvicinano gradualmente, il che porterà a molti problemi per entrambi e anche ad alcune tragiche conseguenze.

Da un lato, il film rivisita un territorio familiare quando si tratta della società iraniana: la posizione delle donne e dei diritti maschili, la legge della Sharia, le istituzioni burocratiche e lavori paralizzanti e disumanizzanti. Ma da un altro lato, molto più importante, tratta argomenti più universali come il dolore, la genitorialità, il bisogno di giustizia, la colpa, la redenzione e il perdono.

Formalmente e visivamente, è un film semplice, persino minimalista: il direttore della fotografia Amin Jafari utilizza l'architettura sullo sfondo, in particolare porte e finestre, come cornice, spesso puntando alla simmetria; gli spazi abitativi sono sgombri e le istituzioni sono asettiche e crudelmente disinteressate. Associato alla mancanza di una colonna sonora e al sound design discreto, è il terreno perfetto per esplorare i complessi dilemmi etici contenuti nell’elaborata sceneggiatura.

Diverse scene emotive si abbattono molto duramente sullo spettatore e la loro frequenza accelera man mano che il film si avvicina alla fine. L'immagine che chiude il film, di una mucca bianca nel cortile di una prigione, con uomini e donne allineati contro muri contrapposti, è così intensa che la metafora del titolo non va presa minimamente in considerazione, sebbene abbia un fondamento nella tradizione islamica e nella legge della Sharia.

Tutti gli attori sono eccellenti, ma Moghaddam è a dir poco magnifica. La sua donna ordinaria, preoccupata, nervosa, insicura, è costruita attraverso emozioni sommesse, ma quando scoppia in un urlo silenzioso dopo aver sentito che suo marito è stato ucciso per niente, ha un effetto devastante.

Ballad of a White Cow è una coproduzione tra l’iraniana FilmSazan Javan e la francese Caractères Productions; la società di Parigi Totem Films detiene i diritti internazionali.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy