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HOT DOCS 2021

Recensione: Generation Utøya

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- Il film di Aslaug Holm e Sigve Endresen ha buone intenzioni ma non aggiunge nulla di particolarmente nuovo

Recensione: Generation Utøya

Tutti i paesi ne hanno uno: un momento che li ha privati ​​per sempre della loro presunta innocenza, mostrando qualcosa che nessuno voleva vedere. In effetti, dall'assassinio di JFK agli attentati in Norvegia del 2011, traumi nazionali del genere vengono spesso esaminati più e più volte in libri e film, come se tornare ai fatti potesse anche spiegarne il perché. Non funziona mai. Ma questo non impedisce ad alcune persone di provarci.

La tragedia norvegese, in particolare l'attacco al campo estivo di Utøya (organizzato dalla sezione giovanile del Partito laburista norvegese), è stata sezionata più volte: a partire da U - July 22 [+leggi anche:
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di Erik Poppe, presentato in anteprima alla Berlinale, anche se 22 July [+leggi anche:
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di Paul Greengrass merita di occupare il primo posto. Ad ogni modo, i registi Aslaug Holm e Sigve Endres tornano letteralmente sull'isola per seguire quattro donne sopravvissute agli attacchi, e insistono a filmarle mentre guardano l'orizzonte con malinconia. La loro decisione di includere un riassunto di ciò che tutti già sappiamo è sconcertante, così come la decisione di mostrare l'autore della strage, che sarebbe meglio non apparisse più e il cui sorriso è ancora terrificante. Anche il piccolo riassunto di dove ognuno di loro correva o si nascondeva quel giorno suona familiare, specialmente dopo l'eloquente Reconstructing Utøya [+leggi anche:
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. Sì, è già stato tutto analizzato più volte.

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Tuttavia, una volta presentati tutti i suoi ingredienti, Generation Utøya (proiettato nella sezione Systems Down di Hot Docs) inizia a percorrere la propria strada, senza concentrarsi tanto sul doloroso passato quanto sul presente e possibile futuro di queste donne. Suonerà magniloquente, ma riflette anche il futuro di un intero paese, ancora sotto shock ma anche sorprendentemente smemorato. Dimenticare è un lusso che queste donne non possono permettersi; non dopo il loro calvario. Per questo, alcune di loro si sono dedicate all'attivismo e alla politica, per cercare di assicurarsi che anche gli altri non dimentichino - almeno non finché ci saranno loro ad impedirlo.

Non sorprende che si riveli un tentativo frustrante, che non permette loro di andare avanti. È un paradosso interessante, di cui spesso parlano anche le vittime dell'Olocausto: sebbene vogliano essere "molto più che sopravvissuti", in molti casi questa esperienza le ha cambiate per sempre. "Che qualcuno abbia cercato di uccidermi a causa delle mie convinzioni mi ha segnato", ammette una di loro, mentre un’altra confessa che, dopo la sparatoria, non avere più l’ombelico può essere divertente. Emanano forza, ma parlano anche dei difetti personali che percepiscono, della "sindrome della ragazza perfetta", del razzismo e del cambiamento climatico. Come gli studenti che si battono per una migliore regolamentazione nella vendita delle armi dopo essere sopravvissuti a una sparatoria a scuola, hanno visto cose che non saranno in grado di dimenticare. Ma hanno anche visto troppo per rimanere ingenue, e le loro frasi di solito iniziano con "Sono ottimista, ma...".

Generation Utoya è diretto da Aslaug Holm e Sigve Endresen, prodotto da Tore Buvarp per Fenris Film, e coprodotto da Motlys. Le vendite internazionali sono guidate da First Hand Films.

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(Tradotto dall'inglese)

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