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FILM / RECENSIONI Portogallo

Recensione: Shadow

di 

- Questo secondo lungometraggio di Bruno Gascon è un film sobrio e compassionevole, ispirato alla storia vera di un bambino scomparso

Recensione: Shadow
Ana Moreira in Shadow

Il secondo lungometraggio di Bruno Gascon è stato proiettato in anteprima mondiale al Festival internazionale del cinema di Barcellona-Sant Jordi e ora sarà presentato all’Ischia Film Festival. Shadow [+leggi anche:
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è un tributo alle madri che hanno perso i loro figli, ed è basato su una storia vera: il caso di Rui Pedro, un undicenne scomparso nel 1998, di cui molti spettatori portoghesi sono a conoscenza poiché si è trattato di uno dei casi di persone scomparse più riportati e controversi avvenuti in Portogallo. Questo materiale di partenza crea inevitabili aspettative per quanto riguarda la narrativa del film, soprattutto per l’accuratezza e la familiarità della maggior parte degli elementi presenti: dai dettagli più particolari del caso, alla divisione strutturale del film attraverso date che indicano i principali eventi della storia (1998, 2004, 2011 e 2013), e attraverso il personaggio scomparso chiamato Pedro, il film stabilisce un legame con gli eventi inevitabili della vita reale. La maggior parte delle informazioni vengono rivelate soltanto alla fine del film, in ciò che rappresenta una sorta di rievocazione di quanto vissuto dai portoghesi nel corso degli anni. Gascon è riuscito a realizzare un film delicato e a ritmo lento che racchiude alla perfezione due decenni in due ore, creando una storia universale che parla di lutto ma anche di speranza.

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Questo è dovuto principalmente alla narrativa (altra) che deriva dallo spazio e dal tempo che i personaggi possono percepire veramente: non soltanto li vediamo condurre la loro vita quotidiana (in luoghi con scenari bellissimi), ma restiamo a guardarli anche in quei momenti in cui il silenzio prevale, senza alcuna fretta di passare alla scena successiva. Ciò, oltre alla straordinaria performance del cast, ci permette di immergerci in un mare di incertezza, di rabbia, di confusione e di emozioni indescrivibili – come il personaggio principale, Isabel, fa all’inizio del film. Ana Moreira ci regala un’interpretazione mozzafiato recitando nel ruolo della madre, Isabel, nelle diverse fasi della sua vita (sofferenza insostenibile, momenti di debolezza ma soprattutto forza e resilienza). Anche se la colonna sonora piuttosto commerciale potrebbe a volte rompere questo legame personale e intimo a causa del suo tono eccessivamente drammatico, rimaniamo comunque vicini a questa famiglia e a questi personaggi.

Pedro è sempre presente grazie a un’ovvia (ma comunque necessaria) metafora visiva: il giallo, ovvero il colore della maglietta che indossa nella prima foto in cui lo vediamo, viene utilizzato come un modo per mostrarci lo stato emotivo dei personaggi e il legame che hanno con lui nel corso del tempo. A volte è presente attraverso un mero barlume di colore proveniente da un lampione che illumina in maniera soffusa uno spazio o un personaggio, e altre volte è presente attraverso una giacca molto vivace che può essere indossata o meno: questo indicatore visivo ci permette di percepire Pedro anche ad un livello che trascende il dialogo. Siamo quindi portati a stabilire un legame più profondo con ciò che Isabel, o qualsiasi altra madre, o un’altra persona coinvolta, potrebbero provare o pensare, nella maggior parte dei casi ogni singolo giorno e per il resto delle loro vite. Il film e Isabel ci comunicano che “una madre lo sa”, e noi (fortunatamente) non sapremo mai ciò che si prova.

Tuttavia, è qui che arriviamo all’aspetto più importante del film: il suo tentativo di farci vedere la storia da una prospettiva diversa, che potrebbe farci diventare più comprensivi e compassionevoli riguardo a ciò che può significare – emotivamente, psicologicamente e fisicamente – per una famiglia e soprattutto per una madre perdere un figlio.

Shadow è prodotto dalla società Caracol Studios e sarà distribuito in Portogallo da NOS Audiovisuais.

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(Tradotto dall'inglese da Ilaria Croce)

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