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LOCARNO 2021 Cineasti del presente

Recensione: Il legionario

di 

- Il regista bielorusso, italiano d’adozione, Hleb Papou presenta il suo primo, potente e onesto lungometraggio nel Concorso Cineasti del presente del Locarno Film Festival

Recensione: Il legionario
Germano Gentile in Il legionario

Dopo un debutto dei più promettenti: il suo primo cortometraggio The Red Forest è stato selezionato al Short Film Corner di Cannes 2013 e il suo film di diploma del Centro Sperimentale di Cinematografia The Legionnaire è stato selezionato per la Settimana della critica di Venezia 2017 e al Karlovy Vary Film Festival 2018 (Future Frames), Hleb Papou aveva di sicuro gli occhi di molti puntati addosso. Un interesse meritato a giudicare dal suo primo lungometraggio Il legionario [+leggi anche:
trailer
intervista: Hleb Papou
scheda film
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che, partendo dalla sua propria esperienza di immigrato in Italia, riesce a toccare corde molto sensibili. Il film è in concorso al Locarno Film Festival nella sezione Cineasti del presente.

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Come sottolineato dallo stesso regista, il suo desiderio profondo era quello di raccontare il multiculturalismo che abita l’Italia con il suo numero sempre crescente di figli.e. d’immigrati.e, nati.e e cresciuti.e come tutti gli altri bambini.e, che devono fare i conti con identità a volte molto diverse fra loro. Il legionario parte dalla storia di due fratelli africani-italiani dalla personalità in apparenza contrastante: uno membro di una delle squadre più “toste” della polizia romana (interpretato dal più che convincente Germano Gentile) e l’altro (Maurizio Bousso) implicato socialmente nella difesa della sua comunità rifugiata da anni in un edificio occupato dove vive anche la madre, per estendere poi il discorso ad un’intera comunità obbligata a vivere, come moltissimi abitanti della “città eterna”, nella precarietà e nella paura di perdere un tetto sopra la testa.

Attraverso le apparenti differenze, le ambizioni quasi inconciliabili di questi fratelli, Hleb Papou ci parla più generalmente delle difficolta di vivere in una società a volte prepotentemente opposta ad accogliere al suo interno le differenze che suo malgrado già la abitano. Perché Daniel non dovrebbe avere il diritto di indossare la divisa della polizia? Perché, invece di doversi adattare alla violenza, al maschilismo, all’omofobia e al razzismo che sembrano dovere definire un poliziotto, uno vero, non potrebbe invece arricchire la sua squadra con la sua propria esperienza di vita? Lontano dagli stereotipi che (troppo spesso) definiscono i film sull’Italia contemporanea fra idealizzazione e action movies malavitosi, Hleb Papou ci propone un film delicato che sottolinea le ambiguità di una nazione ancora alla ricerca di sè stessa. Cosa ne sarà dell’Italia se non sarà capace di trasformarsi tenendo conto delle centinaia di migliaia di bambini di immigrati che domani la definiranno? Se non avrà il coraggio di fare i conti con le sue contraddizioni, con quelle ferite aperte che la abitano, non ci si può aspettare niente di buono. La complessità che scaturisce dall’incontro di differenti culture è portata allo schermo dal regista in modo autentico attraverso delle immagini spoglie ed efficaci che lasciano spazio all’immaginazione e al questionarsi. Hleb Papou parla di un universo che conosce da vicino, e questo si risente nell’urgenza con cui ci trasmette l’angoscia silenziosa di Daniel e la rabbia accumulata di suo fratello. Un primo film sincero che non lascia certo indifferenti.

Il legionario è prodotto da Clemart (Italia) e coprodotto da MACT Productions (Francia). Fandango Sales si occupa delle vendite all’internazionale.

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