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LOCARNO 2021 Concorso

Recensione: I giganti

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- Il regista sardo Bonifacio Angius torna al Locarno Film Festival per presentare il suo ultimo stralunato lungometraggio, un ritratto comico decadente di una mascolinità che sta per implodere

Recensione: I giganti
Bonifacio Angius e Michele Manca in I giganti

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, il regista italiano Bonifacio Angius è nuovamente selezionato al Locarno Film Festival dove presenta nel Concorso internazionale il suo ultimo surreale e ferocemente indipendente lungometraggio I giganti [+leggi anche:
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del quale firma la regia, la sceneggiatura, la fotografia, il montaggio e la produzione. Quello che marca a fuoco il suo ultimo lavoro è la libertà con la quale mette in scena una storia intrisa di furore e rabbia ma anche di tenerezza e fragilità, ironia e umorismo nero. I giganti è un film intenso, destabilizzante che mette in scena le conseguenze del voler (o dover) appartenere al gruppo dei maschi egemonici, del dover rinunciare alle proprie fragilità in nome di privilegi fuori portata.

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Una rimpatriata tra vecchi amici accomunati da un’attrazione sfrenata per i paradisi artificiali, una villa decadente sperduta in mezzo alla campagna e una sete insaziabile di vivere il momento presente dimenticando per un attimo le ferite di un passato che pesa sulle spalle come un macigno, ecco l’universo de I giganti. L’eterogeneo gruppetto di amici decide di passare forse un’ultima serata insieme all’insegna dell’edonismo più sfrenato: droga, alcool e discorsi pseudo filosofici dai toni cupi in chiave Nietzschiana, una serata che ricorda a tratti l’universo barocco de La grande abbuffata di Marco Ferreri (un altro regista che della mascolinità egemonica ha fatto il suo target privilegiato) ma anche l’umorismo affilato di Aki Kaurismäki. Una serata infine durante la quale fare cadere le maschere mostrando il proprio volto (o forse sarebbe meglio parlare di smorfia), il proprio mondo interiore libero dalle costrizioni di una società che valorizza esclusivamente l’uomo, quello vero, inscalfibile e freddo come il marmo. I giganti può essere visto come un’ode all’impotenza, un’impotenza non sessuale ma sociale che spinge i personaggi a mostrare le proprie fragilità e ferite forse per l’ultima e unica volta. Un’impotenza che diventa forza al contempo distruttiva e catartica e non più pecca da curare attraverso dosi massicce di pillole blu. Con I giganti Bonifacio Angius sembra volerci confrontare con una mascolinità in via d’estinzione, vittima dei suoi propri tristi privilegi.

I cinque personaggi, interpretati con brio e realismo da un gruppo di attori di alto livello (Stefano Deffenu, Riccardo Bombagi, i fratelli Michele e Stefano Manca [alias Pino e gli Anticorpi] e il regista stesso), rappresentano ognuno a modo proprio una maniera singolare di affrontare la vita: ignorandola dopo una prima fulminante delusione amorosa, affrontandola con rabbia fino all’abisso, gustandone esclusivamente il lato superficiale, riflettendoci troppo oppure, al contrario, ammettendo il proprio fallimento. Malgrado le loro evidenti diversità, quello che accomuna i cinque amici (tossicodipendenza a parte) è l’impossibilità di trovare una via di scampo, una scorciatoia che gli permetta di uscire da un circolo vizioso fatto di egoismo e mascolinità tossica. Rinchiusi in una villa che sembra imprigionarli nei loro propri deliri allucinatori, i nostri cinque anti eroi non sono più capaci (o forse non lo sono mai stati) di tradurre a parole le loro angosce, al contrario ne diventano vittime, corpi che vengono lentamente consumati dal peso di emozioni che bruciano dentro come un fuoco sacro. I giganti è un film che, malgrado dei deliri filosofici a tratti “sbruffoni”, riesce a mostrarci con coraggio il lato oscuro di giganti trasformati dalla società in mostri.

I giganti è prodotto da Il Monello Film (Italia) e venduto all’internazionale da Coccinelle Film Sales.

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