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GOLDEN APRICOT 2021

Recensione: Retourner à Sölöz

di 

- Il documentario di Serge Avédikian conduce un'indagine approfondita che va ben oltre la durata del film e ci lascia con notevoli spunti di riflessione

Recensione: Retourner à Sölöz
Serge Avédikian in Retourner à Sölöz

Il dialogo tra Armenia e Turchia è stato molto problematico per secoli, soprattutto dopo il genocidio armeno del 1915. Per questo motivo, ricongiungersi con le proprie radici turche deve essere stata un'impresa impegnativa per l'attore-regista-sceneggiatore-produttore franco-armeno Serge Avédikian (Celui qu'on attendait [+leggi anche:
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, Parajanov [+leggi anche:
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), che ha appena presentato il risultato di un viaggio nella terra dei suoi antenati - il suo ultimo documentario Retourner à Sölöz - nel Regional Panorama del Golden Apricot International Film Festival, che si è svolto dal 3 al 10 ottobre a Yerevan. Avédikian affronta la complessità di avere un'identità armena e turca dalla prospettiva del suo ultimo viaggio in Turchia nel 2019 e a Sölöz, il villaggio di suo nonno, completando la narrazione con flashback di filmati d'archivio girati durante i suoi precedenti viaggi nel 1987, 2003 e 2005. In questo modo, egli mette insieme una parte del puzzle complesso della storia della sua famiglia, che, data la sua dinamicità, riflette in qualche modo anche l'intero tumulto storico armeno. Tuttavia, il ritorno alle proprie radici è solo una scusa per il regista per discutere la questione più rilevante della negligenza e della distruzione intenzionale del patrimonio armeno in territorio turco, che è particolarmente evidente in Sölöz.

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Il film parte da Parigi e attraversa Istanbul ricordando l'assassinio dell'intellettuale e giornalista turco-armeno Hrant Dink nel 2007, un uomo che aveva criticato sia la negazione del genocidio armeno da parte della Turchia sia la campagna della diaspora armena per il riconoscimento internazionale. La cerchia di persone con una visione simile a quella di Dink a Istanbul si è dispersa negli ultimi anni, e di conseguenza, la presenza complessiva del discorso armeno e la diversità etnica dell'attuale popolazione turca.

Accompagnato da un giornalista locale e da uno scrittore interessato alla storia armena, Avédikian si reca a Sölöz per la quarta volta, dopo una pausa di otto anni, ammettendo nella voce narrante di sottofondo che ogni viaggio in Turchia è emotivo e che la telecamera lo aiuta a mantenere una distanza razionale. Mentre le ultime riprese in bianco e nero suggeriscono uno stato d'animo malinconico, il materiale a colori registrato in precedenza che egli incorpora offre una certa speranza: negli anni Ottanta, i resti del passato armeno erano ancora presenti, insieme alla fiducia che la memoria collettiva potesse essere salvata in qualche modo. Nel villaggio sono state ritrovate alcune lapidi armene e c'era anche un progetto in ballo per la creazione di un museo, avviato da un abitante del luogo; tuttavia, è stato ostacolato dalle autorità locali, che hanno negato l'esistenza di minoranze culturali fin dall'epoca ottomana. La raccolta di filmati risalenti a diversi anni testimonia chiaramente che ogni volta che Avédikian torna nel villaggio, il suo passato viene sempre più sepolto sotto la superficie. Inoltre, a Sölöz incontra ripetutamente persone di origine armena, greca o bosniaca che hanno dimenticato le loro radici, o che semplicemente preferiscono non ricordarle. Sembra che se si vuole vivere serenamente nello Stato turco di oggi, si debba accettare una completa assimilazione culturale.

Sullo sfondo di una colonna sonora composta da canzoni nostalgiche e tradizionali, Avédikian cerca di svelare il rapporto patologico con la storia che gli abitanti di Sölöz e della regione in generale mantengono. La realtà, tuttavia, suggerisce che l'impresa è destinata a fallire, forse a causa dell'innato fatalismo orientale di Avédikian, come egli stesso suggerisce. Ciononostante, Retourner à Sölöz è una spedizione che fa riflettere, attraverso il tempo e le radici etniche, e che invita gli spettatori a cercare tesori nascosti, come quelli che gli armeni hanno seppellito nelle loro cantine, come narra la leggenda locale.

Retourner à Sölöz è una coproduzione tra Les Films d’Ici e Studio Orlando.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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