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LONDRA 2021

Recensione: Nascondino

di 

- Questo documentario di Victoria Fiore offre una visione sorprendente e straziante della vita a Napoli dal punto di vista di un ragazzo di 12 anni

Recensione: Nascondino

La vita a Napoli è stata oggetto di innumerevoli film di finzione, serie e documentari negli ultimi anni, la sua tragedia e la sua violenza un argomento apparentemente irresistibile per i registi e il pubblico. A prima vista, Nascondino [+leggi anche:
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, della regista italiana basata a Londra Victoria Fiore, sembra offrire un sguardo differente sulla realtà di un mondo crudele e duro, popolato da gangster e anime perdute in cerca di una via d'uscita. Questo film, che ha avuto la sua prima mondiale nel Concorso Documentari al BFI London Film Festival, si distingue da altri simili per il modo in cui utilizza tutti gli strumenti del cinema per mostrare Napoli dall'interno: piuttosto che un approccio sensazionalistico e conflittuale che servirebbe solo a solleticare gli spettatori allontanandoli però dagi esseri umani mostrati sullo schermo, il film di Fiore entra nelle menti e nei cuori dei suoi protagonisti, rivelando le tante forze, complesse e talvolta contraddittorie, che li plasmano.

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Le immagini che aprono il film, che mostrano i ragazzi di strada napoletani che raccolgono alberi di Natale secchi e li accendono in una sorta di gigantesco falò proprio nel centro della città, sono straordinariamente belle ma anche un po' sconcertanti, come molti film che mostrano quanto ci sia di selvaggio nei bambini. Lo spettatore si chiede quanto questo possa essere pericoloso, se i bambini si rendono conto di quello che stanno facendo e dove sono i loro genitori. Ma questo shock iniziale, insieme all'istinto di giudicare, vengono sostituiti da una certa curiosità e compassione, molto più produttivi e umano, mentre la telecamera di Fiore si ferma su Entoni, uno dei ragazzi nel gruppo. Questo dodicenne carismatico è il vero oggetto del film, che potrebbe essere descritto come un documentario creativo per il modo in cui presenta il ritratto di una persona vista dall'esterno, ma anche come questa persona vede se stessa, i propri sogni, il futuro, le speranze. Invece di limitarsi a seguirlo, Fiore collabora con Entoni e lui collabora con lei: una sequenza è  basata sulla rievocazione di un sogno che ha fatto, mentre in un'altra è chiaro che Entoni e il suo migliore amico sono stati messi insieme davanti alla camera dalla regista, eppure il loro dialogo è spontaneo e genuino.

In breve, la gestione creativa delle immagini serve a Fiore in parte a raccontare la storia della vita di Entoni come lui stesso la vede. E sentire questo ragazzino parlare così apertamente della sua città, del suo quartiere, delle sue simpatie e antipatie, delle sue ambizioni per il futuro è commovente in sé ed è anni luce lontano dal cliché dell'adolescente scontroso e ribelle. Entoni si presenta come un ragazzo assetato di vita, e sebbene provochi qualche problema (o almeno così dicono altri), la sua energia non sembra una forza distruttiva. Fiore cattura la sua gioia quando si tuffa in mare, gioca con il fratellino o guida la moto del suo migliore amico, ed è impossibile non amarlo. Eppure, nel film si avverte anche la presenza di una forza minacciosa e invisibile che non vede le cose in questo modo e mal sopporta l'umanità che Fiore esprime nelle strade di Napoli. Si sente nel modo in cui la madre di Entoni gli parla, nei riferimenti al padre di Entoni in carcere, nei brevi scorci dei ragazzi napoletani più grandi con le pistole, negli spari uditi in tutta la città, nei telegiornali - ma soprattutto tutto nella voce fuori campo della nonna Dora, che Fiore inserisce con eleganza per evidenziare ulteriormente i contorni della vita di Entoni. La matriarca fumatrice a catena non è facile ad aprirsi, ma il suo silenzio la dice lunga: una parola fuori luogo e la sua vita potrebbe essere in pericolo. Però decide di parlare lo stesso, e mentre rivela sempre di più sul suo passato, le sue paure per il nipote iniziano ad avere un senso. Attraverso la sua storia di traumi, disperazione e criminalità, questa donna perspicace chiarisce il ripetersi di pericolosi cicli in cui Entoni rischia di entrare, sulle orme dei suoi stessi antenati. L'approccio creativo di Fiore serve quindi anche a portare illustrare una prospettiva più ampia, che può rivelarsi solo dopo anni passati ad osservare con attenzione un singolo soggetto come Entoni, il suo mondo e la sua storia.

Infatti, quando Entoni viene accusato di aver dato fuoco a un'auto e portato via per alcuni mesi alla sua famiglia nell'ambito di una nuova legge anticrimine, questo non è certamente il suo primo passo verso una vita più stabile. Fiore segue il ragazzino nell'arco di quattro anni e lo vediamo crescere, ma anche invecchiare. I suoi ripetuti tentativi di fuga dalle varie strutture in cui è stato tenuto nel corso degli anni, di cui apprendiamo dalla madre e dalle didascalie impresse sullo schermo, suggeriscono una disperazione che inizialmente non gli apparteneva. Alla fine di Nascondino, il ragazzo la cui sete di libertà e l'eccitazione per il futuro erano così palpabili è quasi scomparso dal film. Ma mentre è rinchiuso e non causa più "guai" per strada, l'impatto della sua assenza è innegabilmente dannoso. Una sequenza verso la fine mostra la madre e il fratello di Entoni mentre fanno gesti di saluto verso l'edificio in cui è tenuto, dall'altra parte dell'acqua, proprio come Entoni in precedenza salutava suo padre in prigione. Fiore combina sapientemente delle osservazioni su scale estremamente diverse - dai dettagli di un albero di Natale in fiamme agli schemi che si ripetono attraverso le generazioni - per raggiungere una sorta di verità estasiante che è tanto bella quanto straziante.

Nascondino è prodotto da Aleksandra Bilic e Jennifer Corcoran per My Accomplice con il sostegno del British Film Institute (BFI) e la Film Commission Regione Campania.

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(Tradotto dall'inglese)

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