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VIENNALE 2021

Recensione: Stories from the Sea

di 

- Jola Wieczorek segue due donne e un gruppo di giovani nei loro viaggi nel Mediterraneo

Recensione: Stories from the Sea

Il mare è liberatorio. Il mare è avventuroso. Il mare è creativo. Il mare è vivace. Le civiltà sorgono sulle sue coste, il mare definisce i confini e crea contatti attraverso di essi. I mari sono stati attraversati dai popoli per secoli e per i più svariati motivi: a volte per speranza, a volte per necessità, altre volte per avventura, talvolta per mera curiosità. Tutti i mari del mondo hanno i propri volumi di storie, ma uno in particolare, il Mediterraneo, occupa un posto speciale nella storia documentata e in termini di patrimonio culturale globale, quindi funge ancora da enorme fonte di ispirazione. Da questa stessa fonte, metaforicamente parlando, si è ispirata la regista polacco-austriaca Jola Wieczoreck, per il suo debutto alla regia nel lungometraggio, il documentario Stories from the Sea, appena presentato in anteprima alla Viennale.

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Il titolo serve anche come una breve descrizione del film, che consiste in tre storie di differenti tipi di navi che attraversano il Mediterraneo. La nostra prima protagonista, Jessica, è un’apprendista su una nave mercantile dove ha trascorso nove mesi consecutivi imparando i trucchi del mestiere ed entrando in sintonia con l’equipaggio. La seconda protagonista è Amparo, un’anziana vedova che fa crociere sul Mediterraneo quasi a livello seriale. Il terzo personaggio è un gruppo: un gruppo di giovani a bordo di due velieri che non hanno una destinazione precisa poiché l’obiettivo è di immaginare un nuovo modo di vivere senza divisioni razziali, nazionali, religiose o etniche che, ad oggi, è quasi impossibile, e il mare è un ottimo ambiente per un simile esperimento.

Wieczoreck e il suo direttore della fotografia, Seraphim Spitcer, seguono da vicino i loro soggetti documentando i mondi specifici in cui vivono o che cercano di creare in modo originale e osservativo, privo di semplici commenti, ma con un gusto che sembra quasi vintage grazie alla fotografia in bianco e nero di Spitzer. Il mare e le navi come tema fanno perfettamente da tessuto connettivo tra le storie. Nella prima metà del film, lo sceneggiatore-produttore-regista si affida anche all’accurato sound design di Nora Czamler per tradurre il ritmo di quei mondi separati nel film e usa la malinconica colonna sonora di Julia Kent per descrivere le emozioni, ma anche per suddividere le sezioni in particolari storie.

Il problema però emerge nel terzo atto, in cui le conclusioni delle storie sono tutte raccontate contemporaneamente anziché in successione. La regista probabilmente ha adottato un altro punto di vista, il che è abbastanza ovvio visto che ha scelto le sue protagoniste “donne”, e le tradizioni del mare e delle navi in generale tendono ad essere piene di superstizione, ed è solo una estensione della misoginia e del maschilismo. Tuttavia la questione è se Wieczoreck sia riuscita a far valere la sua tesi, visto che Jessica è accettata dai suoi colleghi, Amparo occupa la posizione di passeggero, senza alcuna discriminazione, e il gruppo è rappresentato da un mucchio di giovani di entrambi i sessi dominanti senza neanche un minimo di divisione su quell’aspetto. Alla fine, Stories from the Sea, offre tanto quanto il titolo promette, il mare, le storie, i sentimenti e le idee.

Stories from the Sea è una produzione austriaca di Fahrenheit Films, che ne cura anche le vendite internazionali. La sua distribuzione austriaca è supervisionata da Stadtkino Filmverleih.

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(Tradotto dall'inglese da Carmen Dibenedetto)

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