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BLACK NIGHTS 2021 Concorso Film baltici

Recensione: The Diary of Vaino Vahing

di 

- Rainer Sarnet cattura l'essenza della vita e dell'opera dello scrittore, drammaturgo e maestro provocatore del titolo nel suo abile ibrido di docu-fiction

Recensione: The Diary of Vaino Vahing

Il regista estone Rainer Sarnet ha spesso trovato ispirazione nella letteratura. Nei suoi due film precedenti, The Idiot (2011) e November [+leggi anche:
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intervista: Rea Lest
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(2018), ha adattato rispettivamente i romanzi di Dostoevskij e Andrus Kivirähk in film d’autore ambientanti ad oggi. Nel suo ultimo lavoro, The Diary of Vaino Vahing, presentato in anteprima al Concorso Baltico del Black Nights Film Festival di Tallinn, prende la vita, l'opera e la personalità dello psichiatra, scrittore e drammaturgo estone Vaino Vahing e la trasforma in un documentario ispirato e abilmente drammatizzato.

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Al di fuori dell'Estonia e forse del resto dell'ex Unione Sovietica (in particolare della Russia), Vahing (1940-2008) non è molto conosciuto. Nato nel villaggio di Aravu, all'età di 14 anni partì per Tartu per studiare medicina, che era la migliore opportunità per lui di ottenere una borsa di studio. Decise di specializzarsi in psichiatria, per poter conoscere veramente i suoi pazienti e mettere in pratica il suo interesse per il funzionamento della mente umana. Questo lo portò a interessarsi di letteratura e teatro, concentrandosi su due temi cruciali e contrastanti. Da un lato, il dolore e la sofferenza (spesso indotti dall'amore), trattati di solito nella sua prosa, e dall'altro, la natura dei vari giochi (e del giocare come potenziale via di salvezza dalle sofferenze della vita) nei suoi drammi e nelle sue incursioni nel campo del teatro.

Dal 1968 al 1984, Vahing ha tenuto un diario degli eventi reali che gli accadevano intorno, passati attraverso il filtro della sua interpretazione soggettiva, che funge da fonte primaria per il film di Sarnet. Il regista apre il film con una scena girata in bianco e nero, con una giovane donna che balla sulle note di una canzone dei Beatles, saltando da una pila di libri all'altra, prima di essere interrotta da un uomo che dichiara di voler avere un rapporto sessuale. Si tratta di un estratto del racconto The Rapist di Vahing.

Sarnet utilizza fino alla fine del film materiali tratti dalle opere di narrativa e saggistica di Vahing, combinandoli con elementi documentaristici più standard, come interviste a studiosi, esperti di letteratura e ai familiari sopravvissuti (l'ex moglie, la scrittrice Maimu Berg, e la figlia, il giudice Julia Laffranque), oltre a estratti di materiale d'archivio. Mentre le interviste sono girate a colori, con un'illuminazione intensa, e il materiale d'archivio è, naturalmente, in un bianco e nero sgranato, le rievocazioni drammatizzate dei passaggi delle sue opere letterarie sono girate in una moderna cinematografia digitale, lucida e graduata, sempre in bianco e nero.

Cosa importante, tutto ciò che è contenuto nel diario e nelle opere di narrativa è messo in scena - sempre sullo stesso palcoscenico, come Sarnet dimostra anche rompendo casualmente la quarta parete verso la metà del film – con diversi attori che interpretano Vahing e le sue partner femminili in diversi momenti della loro vita. Le loro diverse caratterizzazioni simulano il dialogo interno che probabilmente lo scrittore aveva con se stesso. Il loro stile di recitazione è un po' teatrale, ma in modo volutamente fedele alle opere e agli esperimenti di Vahing. La fotografia di Erik Põllumaa è bella ed evocativa e il montaggio di Martin Männik e della produttrice del film, Marianne Kõrver, è semplicemente magnifico nel suo approccio associativo e completamente in sintonia con la visione di Sarnet, rendendo Il diario di Vaino Vahing un'opera cinematografica bella, compatta e che fa riflettere profondamente. Si potrebbe dire che Sarnet ha centrato l'essenza stessa della vita e del lavoro di Vaino Vahing.

The Diary of Vaino Vahing è prodotto dall’estone Klaasmeri.

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(Tradotto dall'inglese)

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