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BLACK NIGHTS 2021 Rebels with a Cause

Recensione: The Shadow Hour

di 

- Il tedesco Benjamin Martins si lascia alle spalle il realismo e opta per uno stile visivo più istintivo ed espressionista nel suo nuovo film

Recensione: The Shadow Hour
Christoph Kaiser in The Shadow Hour

Anche se molti film ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale optino per l'accuratezza dei dettagli dell'epoca come modo per dare al pubblico la possibilità di avvicinarsi alla realtà del tempo, questa scelta ottiene spesso l'effetto opposto. Il fatto che all'epoca tutto fosse così diverso può far sentire gli spettatori più distaccati da ciò che accade sullo schermo; ancora più insidioso è il modo in cui l'estetica della Seconda Guerra Mondiale è stata adottata dal cinema, a tal punto che a volte può sembrare qualcosa che esiste solo nei film.

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Il regista tedesco Benjamin Martins ha scelto un approccio diametralmente opposto per il suo The Shadow Hour [+leggi anche:
intervista: Benjamin Martins
scheda film
]
, che cerca di rendere palpabile una storia doppiamente inimmaginabile. Presentato nella sezione Rebels with a Cause del Black Nights Film Festival di Tallinn, il film è incentrato sulla figura dello scrittore, giornalista e poeta cristiano Jochen Klepper, che, minacciato dal Terzo Reich, decise di suicidarsi insieme alla moglie e alla figliastra ebree quando fu negata loro l'autorizzazione a lasciare la Germania.

L'atmosfera di costante paura e persecuzione è già difficile da immaginare; cosa possa portare un'intera famiglia a commettere un atto del genere è ancora più difficile da comprendere a livello emotivo. È proprio questo che Martins sceglie di esplorare, abbandonando il realismo per uno stile visivo più istintivo ed espressionista. Il film si apre con una scena concettualmente audace che mostra Jochen (Christoph Kaiser) nell'ufficio di Adolf Eichmann in persona (Dirk Waanders), che terrorizza l'uomo e gli annuncia crudelmente di aver rifiutato la richiesta di espatrio della sua famiglia. Nel sadico dialogo compaiono minacce che indicano che le due donne - e forse lo stesso Jochen - saranno presto deportati. Alle spalle di Eichmann sono appesi una serie di abiti con immagini incorniciate di Jochen al posto della testa, che fissano il vero Jochen per tutto il tempo, e che rappresentano quella persona più obbediente che avrebbe potuto scegliere di essere.

Nell'unica stanza che funge da appartamento della famiglia, e dove è ambientato il resto del film, lo scrittore è allo stesso modo perseguitato dai suoi dubbi, personificati nella figura di una sagoma nera con un sorriso lucido che gli appare dal nulla - dietro la moglie, o nel libro che sta leggendo, e così via. Il film fa un uso potente di effetti con ombre, luci, trucco e scenografia, e in effetti uno dei suoi maggiori punti di forza in quei momenti è il fascino di una rappresentazione teatrale. Le emozioni selvagge che Jochen deve aver provato, e che Martins ha trasposto dalle vere annotazioni nel diario dello scrittore, acquistano una potente immediatezza quando esplodono in forma fisica sulla scena.

Martins ha anche cercato di tradurre i pensieri contraddittori che devono aver attraversato questa famiglia attraverso i dialoghi del film, con un effetto discontinuo. Sebbene sia comprensibile l'impulso dei personaggi a parlare e a non lasciar cadere nel vuoto nemmeno un'idea in questa situazione, il regista si è forse affidato un po' troppo ai dialoghi per trasmettere le loro emozioni e le loro idee, mentre invece gli attori, eccellenti, sono particolarmente commoventi quando comunicano con semplici gesti o con uno scambio di sguardi. Il film rimane comunque potente perché esplora, con grande empatia, la decisione estrema della famiglia. Il suo lento svolgersi verso quel momento fatidico non ha il sapore di una grossolana suspense, ma piuttosto di una commovente finestra sugli abissi della disperazione e dell'amore più intenso.

The Shadow Hour è prodotto dalla tedesca Herbsthund Filme. La distribuzione nazionale è curata da missingFilms.

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(Tradotto dall'inglese)

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