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FILM / RECENSIONI Turchia

Recensione: Commitment Hasan

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- Conflitto tra fede e aspirazioni personali in un mondo in bilico fra tradizione e modernizzazione sono al centro del film di Semih Kaplanoğlu, che la Turchia ha candidato agli Oscar

Recensione: Commitment Hasan
Umut Karadag in Commitment Hasan

La parola turca tavaf significa girare intorno a qualcosa, e in un contesto islamico è il muoversi attorno alla Kaaba, al centro della Mecca, partendo dalla Ḥajaru al-Aswad, la Pietra Nera. È quello a cui si stanno preparando spiritualmente i coniugi Hasan e Emin Yilmaz, protagonisti di Commitment Hasan di Semih Kaplanoğlu, il film che la Turchia ha candidato agli Academy Awards 2022 dopo il passaggio in Un Certain Regard di Cannes 2021.

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L’Hasan del titolo è interpretato da Umut Karadag, volto molto noto in patria, un George Clooney con meno capelli e dallo sguardo severo e dolente. Hasan è un agricoltore, proprietario di una terra ereditata dal padre nella provincia di Ankara: lo vediamo curare mele e pomodori personalmente, assieme ai suoi lavoratori, e poi combattere per scongiurare l’installazione di una enorme torre ad alto voltaggio della Yeni Akım Elektrik, la nuova linea elettrica. I problemi non lo distolgono però da un evento importante che sta per vivere: dopo tre anni di attesa è stato sorteggiato per il pellegrinaggio alla Mecca, assieme alla moglie Emin (Filiz Bozok). Ma come tutti i fedeli sanno, un pellegrino deve arrivare nel luogo sacro solo dopo aver avuto la benedizione di tutti coloro a cui ha fatto un torto. E per Hassan si tratta di un impegno particolarmente difficile. Nel corso del film scopriamo infatti che il protagonista non è quell’uomo irreprensibile e virtuoso che ci sembrava all’inizio e che lui stesso crede di essere. La casa e le terre gli sono state assegnate da un giudice in odore di corruzione, per cui il fratello maggiore (Mahir Günşiray) non gli rivolge più la parola da vent’anni. È lo stesso giudice a cui Hasan si rivolge per far spostare il traliccio elettrico sul terreno di un vicino. Venuto a sapere da un impiegato della banca che un altro proprietario terriero è in bancarotta, Haman non esita ad approfittarne comprandogli la terra ad un prezzo stracciato e mandandolo sul lastrico, mentre spende una cifra enorme per l’albergo che lo ospiterà nel pellegrinaggio. La moglie Emin non è da meno, quanto a grettezza e meschinità, ben nascoste sotto le buone maniere. Tra i due c’è allo stesso tempo complicità e un vuoto incolmabile, creato dai comuni sensi di colpa. Hasan è frutto del nostro tempo, schiacciato tra il suo amore per la natura e il calcolo di chi vuole difendere il benessere raggiunto con i favori cercati in un sistema corrotto.

Il regista - tornato ad avvalersi del direttore della fotografia Ozgur Eken, che ha girato in 6K con una telecamera Sony Venice - si sofferma sugli elementi della natura per rimarcare la distanza tra un mondo ideale e quello ipocrita in cui si muove il protagonista, ora in cerca del perdono di chi ha tradito. Un piccolo ipocrita in un universo ipocrita, suggerisce Kaplanoğlu mostrando l’impossibilità da parte degli agricoltori turchi di vendere ai Paesi dell’Unione Europea i prodotti trattati con i pesticidi che la stessa Germania vende loro. Nei sogni di Hasan c’è il rimpianto per l’innocenza perduta e l’incombere di una punizione divina, splendidamente visualizzata dal regista con una raffica di mele, strappate agli alberi dal vento, che colpiscono l’uomo. Una scena che ricorda la biblica pioggia di rane in Magnolia di Paul Thomas Anderson.

Orso d’Oro alla Berlinale del 2010 con il bellissimo e commovente Honey [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Semih Kaplanoglu
scheda film
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, ultimo film di una  trilogia che lo ha reso famoso nel mondo, Kaplanoğlu ci ha abituati ad un cinema dal linguaggio esteticamente raffinato come quello del coetaneo Nuri Bilge Ceylan (entrambi fanno parte della cosiddetta “terza generazione” con Yeşim Ustaoğlu, Zeki Demirkubuz, Reha Erdem e altri) e ad uno sguardo ponderato, realistico, sottilmente politico che spazia nella asfissiante e claustrofobica provincia rurale turca ed esplora le relazioni familiari, in bilico fra tradizione e modernizzazione, il conflitto tra fede e aspirazioni personali. Una tendenza espressiva confermata da questo film, seconda parte di una nuova trilogia iniziata con Commitment Asli nel 2019.

Commitment Hasan è una produzione turca di Kaplan Film Production e Sinehane Productions. Le vendite internazionali sono della tedesca Films Boutique.

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