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BERLINALE 2022 Encounters

Recensione: Small, Slow but Steady

di 

- BERLINALE 2022: Coprodotto dalla Francia, il giapponese Shô Miyake realizza un film apparentemente modesto ma in realtà sottile e molto ben fatto su una giovane pugilessa sorda dal cuore grande

Recensione: Small, Slow but Steady
Tomokazu Miura e Yukino Kishii in Small, Slow but Steady

"Una minuscola goccia d'acqua può scavare un buco in una pietra, a poco a poco". Imparare a controllare le proprie emozioni quando l'ambiente può rivelarsi fonte di pericolosi malintesi, ritrovare il proprio equilibrio, il proprio baricentro, coniugare la volontà di vincere e il rispetto per il proprio avversario: per la giovane pugilessa sorda Keiko, toccante protagonista di fantasia (ispirata a una storia vera) di Small, Slow but Steady [+leggi anche:
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di Shô Miyake, presentato nel concorso Encounters della 72ma Berlinale, l'incontro tra il suo mondo interiorizzato, concentrato e ripiegato su se stesso dal suo handicap, con il vasto mondo (nel mezzo di una pandemia crepuscolare) è ben lungi dall'essere scontato, ma è in questo specchio tremolante che prendono forma un legame e una felicità possibili, un'accettazione e una giusta comprensione del proprio posto nel fiume dell'esistenza.

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Un percorso iniziatico attraverso lo sport che l'eclettico cineasta giapponese (scoperto in concorso a Locarno nel 2012 con Playback e già selezionato a Berlino, al Forum nel 2019, con And Your Bird Can Sing, ma che si è cimentato anche nel documentario musicale con The Cockpit nel 2015 e nella serialità con Ju-on: Origins nel 2020) approccia con un minimalismo molto sofisticato, dal punto di vista dell'intimità e della delicatezza, e un’apparente modestia narrativa che maschera abilmente un accumulo di piccoli tocchi suggestivi. E il tutto (avvolto nella luce di un sublime super 16) va completamente contro la solita magniloquenza del classico film di boxe.

Punteggiato dalle azioni ripetitive (sacco da boxe, bodybuilding, punching ball, sequenza di combinazioni sul ring, "shadow boxing", ecc.) degli allenamenti di Keiko (l’astro nascente Yukino Kishii, notevole nel ruolo) in una piccola palestra storica (la più antica di Tokyo) diretta da Katsumi Sasaki (Tomokazu Miura) e colpita dalla diserzione (amplificata dallo stato di emergenza pandemica, visto che la trama inizia a dicembre 2020) dei suoi iscritti che ne minaccia la sopravvivenza, il film si immerge a fondo nella vita quotidiana della giovane donna di 20 anni. Divenuta professionista da poco, si prepara per il prossimo incontro mentre lavora come donna delle pulizie in un hotel e condivide un appartamento con suo fratello (che suona).

Restituendo sottilmente il continuo ritardo con cui Keiko vive a causa del suo handicap (e del suo peso passato poiché è stata bullizzata a scuola), il regista introduce impercettibilmente diversi altri elementi: il tempo che passa con la morte come spada di Damocle (la malattia di Katsumi che ha subito troppe radiazioni, la palestra che deve chiudere i battenti), la famiglia, la trasmissione (dal maestro all'allievo), la difficoltà di sincronizzare e armonizzare corpo e mente, ecc. Diretto da Shô Miyake in uno stile volontariamente molto contenuto che enfatizza gli sguardi, i piccoli gesti, i suoni, a un ritmo tranquillo, Small, Slow but Steady dipinge un raffinato ritratto in miniatura, con un'estetica discreta e molto controllata, che flirta con l'opacità insita nella personalità particolare del suo personaggio principale (comunque molto accattivante). Ma attraverso innumerevoli echi disseminati con grande finezza, il film suggerisce anche interpretazioni più ampie ma incredibilmente approfondite e criptiche sul tema dell'essere umano, del nuovo e del vecchio mondo.

Prodotto da Nagoya Broadcasting Network e Keiko me wo sumasete Production, e coprodotto dalla società francese Comme des Cinémas, Small, Slow but Steady è venduto nel mondo da Charades.

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(Tradotto dal francese)

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