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VISIONS DU RÉEL 2022 Concorso

Recensione: My Old Man

di 

- Steven Vit segue suo padre negli ultimi, delicati istanti prima della pensione; un salto nel vuoto vertiginoso che mette in luce fragilità inaspettate

Recensione: My Old Man

My Old Man di Steven Vit, presentato in prima mondiale nel Concorso internazionale lungometraggi di Visions du réel 2022, nasconde, sotto le parvenze di un film sulla famiglia, molte problematiche attuali: la (ri)costruzione di una mascolinità che (fortunatamente) ha perso i suoi granitici punti di riferimento, il rimescolarsi dei ruoli tradizionalmente imposti a marito e moglie persino nelle coppie un tempo considerate come “classiche”, il fare i conti, forse per la prima volta, con le proprie, profonde fragilità.

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Per il suo primo lungometraggio, il giovane regista svizzero ha scelto di filmare suo padre in quel momento delicato della vita che è il passaggio dalla vita “attiva” alla pensione, un momento chiave che gli permette di avvicinare, poco a poco, un padre che in fondo conosce molto poco. Occupati ognuno a vivere la propria vita, la mamma e il papà del regista si ritrovano a dover condividere un quotidiano che sembra soffocarli. Estremamente sinceri e toccanti, i due antieroi del film ci regalano un ritratto toccante e pieno di umorismo di una coppia al passo coi tempi.

La famiglia nella quale il regista è cresciuto è una tipica famiglia svizzera (ma non solo) strutturata secondo ruoli di genere decisamente classici: una mamma intraprendente che gestisce casa e figli con passione e un papà che lavora tanto, troppo, per occuparsi di tutti come ogni buon “capo branco” dovrebbe fare. Sempre in viaggio a causa di un lavoro esigente e cronofago, Rudi Vit si è però perso molti momenti preziosi della vita dei suoi due figli. Una constatazione amara che ha seppellito sotto pile di dossier importanti e che la pensione fa riaffiorare in modo violento.

È proprio questo delicato momento di passaggio, quando le certezze di una vita lavorativa organizzata a tavolino lasciano spazio a interrogativi fino ad allora ignorati che il regista decide di osservare. La fragilità che questa tappa decisiva della vita provoca permette a Steven Vit di avvicinarsi a suo padre in modo più autentico. Il risultato è uno scontro diretto fra adulti, condotto con molto pudore e rispetto, che Rudi fa all’inizio fatica ad accettare. Se i primi giorni della pensione sono ancora accompagnati dalle vestigia di una mascolinità conquistatrice che non lascia spazio all’espressione catartica dei sentimenti, la corazza che il padre si è costruito negli anni comincia progressivamente a scalfirsi fino a lasciare il posto all’espressione di una nuova identità ancora tutta da costruire.

Confronto diretto e delicato fra due generazioni molto diverse, My Old Man mette in scena la trasformazione al contempo dolorosa e catartica di un “baby boomer” infine libero dai diktat di una rappresentazione di genere stereotipata e decisamente poco divertente. Sebbene, come precisato da sua moglie, le sue frequenti assenze abbiano permesso ad entrambi di respirare all’interno di una società ben poco incline ai cambiamenti, la banalità dei ruoli di genere ha però fatalmente plasmato anche la loro coppia. Una coppia che si ritrova ora a fare i conti con un futuro completamente nuovo in cui i ruoli di ognuno sono ancora da inventare. Sommerso da emozioni simili a montagne russe, che il regista ritrascrive con sensibilità e una dose sempre benvenuta di umorismo, Rudi si rivela infine per quello che è davvero: “semplicemente Rudi”.

My Old Man è prodotto da Lomotion AG Filmproduktion, che si occupa anche delle vendite all’internazionale, e SRF.

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