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VISIONS DU RÉEL 2022 Concorso Nazionale

Recensione: Supertempo

di 

- Il secondo lungometraggio di Daniel Kemény ci permette di spiare l’intimità di una coppia costretta, a causa della pandemia, a condividere un quotidiano sempre più soffocante ed alienante

Recensione: Supertempo

Dopo aver presentato, nel 2020, il suo primo lungometraggio, sòne [+leggi anche:
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, l’artista e regista d’origine italiana Daniel Kemény torna a Visions du Réel (nella Competizione Nazionale) per offrirci Supertempo, il ritratto coraggioso, al contempo divertente e terrificante, della coppia che forma con Laura, costretta a fare i conti con le limitazioni del confinamento. Un film “con il Covid”, e non su di esso (come specificato dal regista) che solleva questioni universali come quella della libertà individuale, della presentazione sistematica della coppia eterosessuale e monogama come modello di riferimento, o della gelosia come sentimento universale che si scontra con il razionalismo di una coppia al passo con i tempi.

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Abituati a destreggiarsi fra aspirazioni personali e momenti condivisi, in un andirivieni salutare di convivenza e lontananza, Daniel e Laura si trovano improvvisamente costretti a condividere tutto, o quasi. Quello che Supertempo racconta è il loro quotidiano, ritmato da salvifici rituali. Sorta di anatomia di una coppia alle prese con una situazione ai confini del reale, Supertempo ci spinge a riflettere sul nostro proprio rapporto all’altro, al bisogno di condivisione e allo stesso tempo di libertà. Attraverso quest’esperienza estrema, è il concetto stesso di coppia che sembra perdere il suo senso, è l’aspetto costruito e intriso di luoghi comuni che l’accompagna a manifestarsi in modo sempre più prepotente.

Istruiti, socialmente attivi, impegnati politicamente e aperti di vedute, Daniel e Laura ci offrono, con una sincerità sconcertante, la loro lotta quotidiana contro un conformismo sempre più incalzante fatto di crisi di gelosia, pranzi in “tête à tête” e condivisione forzata in uno spazio che diventa sempre più claustrofobico.

Quasi interamente girato all’interno dell’appartamento di Laura (e sul giardinetto adiacente) dove i due si sono rifugiati per trascorrere il periodo del confinamento, il film elargisce progressivamente il suo sguardo, ma solo a sprazzi, come piccoli lampi, alla città di Roma che l’attornia. Una città sotto assedio, desertica che, privata dei suoi abitanti, ritrova il suo splendore mozzafiato. Se il piccolo appartamento di Laura diventa progressivamente claustrofobico, troppo piccolo per accogliere due personalità forti e indipendenti, la città di Roma al contrario gioisce di un’inaspettata e rigenerante libertà.

Sebbene più di un film abbia cercato di catturare i tormenti di un periodo pandemico ancora troppo vicino per poterne parlare con distacco, Supertempo si distingue grazie all’inaspettata leggerezza e sincerità che emana. Il covid si trasforma, nel film, in “pretesto” per sezionare una storia d’amore eterosessuale attanagliata da modelli soffocanti che di certo non gli si addicono.

La sincerità con la quale i due protagonisti di Supertempo si trasformano in oggetti di ricerca, si sacrificano in nome di un progresso (quello dei sentimenti, quello dei ruoli di genere predefiniti) necessario è decisamente sorprendente. Un’impresa rischiosa ma necessaria per far riflettere al concetto di coppia e salvarlo, forse, dall’estinzione.

Supertempo è prodotto e venduto all’internazionale da Cinedokké sagl (Svizzera).

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