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HOT DOCS 2022

Recensione: Band

di 

- Non si sa se tutto sia vero nel documentario islandese di Álfrún Örnólfsdóttir, ma speriamo che lo sia

Recensione: Band

Quando vediamo una band sul palco, che si contorce come in preda a un esorcismo e canta di "disfunzionalità, disfunzionalità", è impossibile non pensare a Spinal Tap. Sebbene quel gruppo sia diventato sinonimo di fallimento, il loro amore per la musica ha anche portato speranza alle persone (e molti li hanno ricordati di recente in occasione della morte del batterista). Il successo è una cosa bella, ma non ne hai davvero bisogno per mettere su uno show spettacolare. Finché ti sai mantenere su quella sottile linea di confine tra stupidità e intelligenza.

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Il documentario islandese Band [+leggi anche:
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scheda film
]
– in prima mondiale a Hot Docs – sembra un mockumentary, ma non lo è. La Post Performance Blues Band esiste, grazie a Dio, e sta attualmente pensando di tornare sul palco. Questo è abbastanza sorprendente di per sé – la regista (e membro) Álfrún Örnólfsdóttir sembra riuscire a far succedere cose davvero strane davanti alla sua telecamera –  ed è difficile stabilire se la bizzarria della band sia più derisa o celebrata. Forse entrambe le cose allo stesso tempo.

Come previsto, il film è esilarante. Le donne si sciolgono i capelli sul palco, offrendo una performance a metà strada tra un concerto (anche se per pochi eletti) e una performance artistica. A volte sembra che lavorino insieme; in altri momenti ognuna balla al proprio ritmo. In realtà, c'è qualcosa di davvero stimolante nel loro atteggiamento, nel guardare le donne che si concedono questo tipo di libertà: la libertà di essere ridicole, di essere pagate con la birra e di godersi tutto ciò che questo contesto, e un pubblico eccezionalmente educato, hanno da offrire. Sarà pure un flop, ma di sicuro sembra divertente.

Il che non vuol dire che ci sia solo da ridere, dato che Band può anche essere malinconico. C'è la sensazione costante che il tempo stia per scadere, che stiano perdendo l'opportunità che stavano aspettando per farcela, e non solo nella musica. Örnólfsdóttir mostra le sue disavventure come attrice, apprezzata ma mai ingaggiata, e ci sono scene di vera solitudine in cui si manifesta il desiderio di una connessione vera. Lo sentono tutte, così decidono di provarci ancora un anno, come molti artisti prima di loro, probabilmente ricordando le parole di Nick Cave secondo cui una band è qualcosa di vivo, che respira, e se non cresce, muore. E a volte è necessario crescere e capire che non tutti i sogni si avverano.

D'altra parte, i sogni sono forse meno validi solo perché non hanno riconoscimento o benefici economici? C'è qualcosa di meraviglioso anche nel superare il dolore del rifiuto e continuare a fare qualcosa solo perché ti rende felice. Forse, sognare nonostante il fallimento non è una cosa sbagliata, come tutti credono. Queste donne offrono un mix di performance e testi folli ("Uno parla di mia madre, un altro parla di waffle e caffè" è una frase che descrive con precisione il loro lavoro), ma anche tristezza. Tuttavia, a pensarci bene, è esattamente ciò che ha reso Spinal Tap un fenomeno duraturo e non uno scherzo. C'è una promessa simile in questo film, perché vuoi che la loro storia continui dopo i titoli di coda. Speri che questa non sia la fine della band. E che presto facciano concerti.

Band è prodotto dall’islandese Compass Films.

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(Tradotto dall'inglese)

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