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BIOGRAFILM 2022

Recensione: The Far Field

di 

- Nel docufiction di John Slattery un agricoltore irlandese di 90 anni interpreta se stesso in un commovente e ironico racconto di solitudine

Recensione: The Far Field

“Qualcuno con cui parlare”. È la risposta di Seamus Molloy, 90 anni, alla consulente dell’agenzia matrimoniale (Sara Watson) che gli chiede cosa cerca in una compagna. Protagonista del docufiction The Far Field di John Slattery, nella sezione “Europa oltre i confini” del Biografilm Festival, Seamus è un signore che bada in assoluta solitudine alla sua fattoria in una non precisata località irlandese (la location è la contea di Roscommon). La sua vita è scandita da una routine che l’anziano compie con una lentezza e una sorprendente e calma energia che gli permettono di far cose che piegherebbe anche un giovane: raccoglie il carbone per la sua stufa, ara il campo con il trattore, raccoglie le patate dal terreno, e poi va a far la spesa e si concede una Guinness al pub. In casa Seamus ascolta continuamente la radio, cucina, ed è impegnato perennemente a respingere l’assedio di gatti, galline e il cane del vicino. Il bizzarro vicino di casa dagli stivali spaiati (Dermot Ward, un piccolo ruolo nel Trono di Spade) gli bussa ogni tanto alla porta, mentre quelle che sembrano essere le nipotine di Seamus (Rachel Murray e Hannah Slattery-Weisberg) - capelli rossi, lentiggini, t-shirt, pantaloni e fascia dei capelli rosa - gli portano la posta e del cibo quando non giocano o ballano nel prato verdissimo, davanti ad un pubblico che le fissa con sguardo un po’ assente: le mucche.

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La posta, appunto. La quotidianità di Seamun Molloy sembra prendere una piega molto diversa quando lui riceve una lettera da una certa Niamh, che gli scrive dopo 60 anni per dirgli che vorrebbe rivederlo. Seamus chiude la lettera, la ripone sullo scaffale, la riapre il giorno dopo per leggere l’indirizzo della donna. Indossa il vestito buono, raccoglie dei fiori dal suo giardino e prende l’autobus. Alla casa di riposo dove  Niamh lo aspetta, lui sbircia per un momento nella stanza (noi non vediamo la donna), si gira e torna a casa.

John Slattery ha debuttato come regista nel 2012 con Casablanca Mon Amour, un road movie non tradizionale che esplorava la relazione tra Hollywood e il mondo arabo da una prospettiva marocchina. Ha poi continuato con un documentario su un monastero nello Utah e quello a cui sta lavorando ora, Shelter in the Palace: Housing as a Human Right, è su una ragazza di 12 anni che collabora con Moms for Housing, un collettivo di madri senzatetto ad Oakland. The Far Field (scritto, diretto fotografato e montato da Slattery) è un ibrido, e capisci che Seamus Molloy sta impersonando sé stesso sotto falso nome solo quando scorrono i titoli di coda con il suo vero nome, John Murray.

Slattery lo segue tenendo la camera fissa, spesso ponendola molto in basso per ingigantire quest’uomo rimpicciolito dall’età. Dalle note di regia capiamo che Slattery vuole documentare l'isolamento rurale a cui hanno portato l'inerzia e i paradossi dell’agricoltura in Irlanda, dopo i cambiamenti economici e tecnologici. Ma noi intendiamo la figura di Seamus come archetipo umano. Sorridiamo, tra humour gaelico e demenza senile, nella scena dell’agenzia matrimoniale (“Preferisce gli uomini o le donne?” “Suppongo le signore”. “Che razza?” “Razza umana”. “È sessualmente attivo?” “Non so”. “È cattolico?” “Sono Capricorno”). Ci commuoviamo alla visita al cimitero. Soprattutto capiamo che invecchiare è un brutto affare e sentiamo una stretta allo stomaco quando Seamus si guarda nello specchio e il regista monta 15 secondi di un super 8 che mostrano il protagonista da giovane in quella stessa fattoria. Prepararsi a morire richiede una camicia nuova e un abito pulito.

The Far Field è una coproduzione Irlanda-Stati Uniti di Leah Simon-Weisberg con Zween Works.

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