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LOCARNO 2022 Cineasti del presente

Recensione: Sister, What Grows Where Land Is Sick?

di 

- La giovane regista norvegese Franciska Eliassen debutta con un film molto personale fra ecofemminismo e miti ancestrali

Recensione: Sister, What Grows Where Land Is Sick?

Per il suo primo lungometraggio Sister, What Grows Where Land Is Sick? [+leggi anche:
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, Franciska Eliassen torna ad esplorare un tema a lei caro e che ha già indagato, in forma corta, in Sister (2019) ossia quello del legame fra sorelle. Partendo dalla sua esperienza personale: sua sorella “soffre” come la protagonista di problemi psichici, la regista norvegese amplia il discorso alla questione della “normalità”, al nostro bisogno di rassicurarci compartimentando il mondo in categorie prestabilite nelle quali molti non riescono o non vogliono rientrare. Il risultato della sua riflessione è un art house film che non sfocia però mai nel puro estetismo, un racconto fantastico e poetico che ritrascrive il vagabondare di una mente inquieta, presentato nella sezione Cineasti del presente del 75° Locarno Film Festival.

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Ad accompagnarci nel viaggio affascinante e spaventoso nella mente di Vera (Ruby Dagnall), è sua sorella minore Eira (Keira LaHart) che, nel tentativo disperato di carpirne i misteri, legge di nascosto il suo diario. Il quotidiano di Vera ed Eira è dominato dalle maestose montagne e dai fiordi del Nord della Norvegia dove la famiglia si è rifugiata per cercare di alleviare lo stress e le preoccupazioni che costringono la loro mamma a letto.

Sebbene la natura sembri dominare sovrana, maestosa e misteriosa, Vera non smette mai di tormentarsi per una situazione climatica disastrosa, per la rottura definitiva del legame fra l’uomo e il mondo che lo accoglie. Le piante, i licheni, gli animali assumono allora nel film un ruolo centrale trasformandosi in ricettacoli di un’inquietudine, quella di Vera, che si trasforma progressivamente in fobia. Attraverso lo sguardo di Eira che passa dall’incomprensione all’empatia, Franciska Eliassen ci spinge a riflettere sul concetto di “normalità”, sulla maniera in cui le norme sociali plasmano le nostre vite imponendoci reazioni emotive quasi automatiche.

Grazie alla lettura del diario di sua sorella, Eira scopre un mondo misterioso fatto tanto di luci accecanti quanto di profonde zone d’ombra, un mondo agitato e terribilmente autentico che se ne infischia delle convenzioni. Personaggio che sembra provenire da un lontanissimo passato fatto di mitologia e riti ancestrali di comunione con la natura, Vera rappresenta la nostra stessa animalità, qualcosa di inafferrabile che rischia di stravolgere qualsiasi equilibrio. Non è certo un caso se la regista ha studiato, oltre le Belle Arti, anche l’ecologia e la filosofia. I temi che gli stanno a cuore: quello ambientale ma anche quello della salute mentale sono infatti onnipresenti nel film esprimendosi attraverso elaborate messe in scena in cui misteriosi personaggi, vestiti di tuniche colorate e cosparsi di paillettes si aggirano per i boschi come a rivendicare la loro presenza.

Attraverso questi momenti onirici, la regista esprime ciò che per Vera è tangibile ma che gli altri vorrebbero fosse tenuto nascosto. Piano piano, passo dopo passo, Eira si avvicina alle creature uscite dalla mente della sorella accedendo ad un mondo sotterraneo che la società nega con fermezza e disprezzo. E se il mondo fosse ben più vasto di quello che tutti vogliono farci credere? E se ci fosse spazio per tutti, “normali” e “pazzi”? Queste sono le domande alle quali Eira cerca di rispondere in un andirivieni affascinante fra onirismo e semplicità della natura. Un primo film intrigante di una regista che mostra di sapere molto bene quali sono le sue priorità.

Sister, What Grows Where Land Is Sick? è prodotto da Franciska Eliassen insieme a Hummel Film e Filmreaktor.

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