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VENEZIA 2022 Settimana Internazionale della Critica

Recensione: Anhell69

di 

- VENEZIA 2022: Il film ibrido di Theo Montoya è un grido di allarme sulle difficoltà di essere giovani e queer a Medellín, una delle città più conservatrici e pericolose della Colombia

Recensione: Anhell69

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scheda film
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è certamente un'opera nata da una sofferenza vera e inimmaginabile. Nel suo lungometraggio ibrido, presentato alla Settimana Internazionale della Critica della Mostra di Venezia di quest'anno, il regista Theo Montoya cerca di raccontare agli spettatori quanto sia difficile essere giovani e queer a Medellín, una delle città più grandi della Colombia ma anche uno dei luoghi più pericolosi e conservatori, tristemente noto per essere la sede del cartello della droga di Pablo Escobar. "Non ho deciso di nascere. Non mi è mai stato chiesto. Sono stato gettato nel mondo", dice Montoya come incipit del suo film. Successivamente, vediamo un'auto funebre che trasporta un cadavere e percorre le strade di Medellín; questa scena introduce una metafora cruciale che evidenzia - forse in modo un po' troppo ovvio - come i membri di questa comunità siano collocati ai margini della società e siano vittime di violenza, discriminazione e alienazione, costretti a celebrare troppo spesso i funerali dei loro simili.

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Montoya ricorda il lavoro di pre-produzione del suo primo film, un B-movie ambientato in una dimensione distopica, dove Pablo Escobar era diventato "il padre di una nazione senza alcun riferimento paterno". In questa versione alternativa di Medellín, governata dalla violenza ancor più della sua controparte reale, non c'è abbastanza spazio per seppellire i corpi nei cimiteri e i fantasmi iniziano gradualmente a convivere con i vivi, con la "spettrofilia" che diventa una pratica sessuale comune, soprattutto tra i giovani.

Vediamo il regista che cerca di scegliere l'attore principale attraverso alcune interviste filmate. Uno degli aspiranti attori in particolare si distingue dalla massa, il ventunenne Camilo Najar, che diventa l'interesse amoroso di Montoya, ma andrà incontro a un destino orribile, proprio come molti altri amici del regista.

"A Medellin non si vede l'orizzonte", dice a un certo punto Montoya e ha ragione. Circondata da montagne, coperta dalle tenebre, devastata da un'impennata della criminalità e da proteste violente, la città colombiana è spesso ritratta attraverso riprese aeree splendide, che la fanno assomigliare a una Gotham contemporanea e reale.

Ma non c'è solo malinconia e tristezza nel primo lungometraggio di Montoya. C'è molto amore per il cinema (perché era "l'unico posto in cui poteva piangere"), molta compassione e affetto verso i suoi cari e, anche se il tono della sua voce suggerisce chiaramente un forte sentimento di rassegnazione e tristezza, il regista riesce comunque a consegnare una scena finale con un tocco di luce. In essa, Montoya pone al centro l'idea di comunità e solidarietà, e lo fa senza cadere nella retorica. È una piccola scintilla di speranza per una nuova generazione perduta, spesso orfana o figlia di madri single, vedove e, più in generale, di genitori in difficoltà. Con un ritmo irregolare, un po' misterioso e in gran parte non convenzionale, Montoya definisce a un certo punto il suo lavoro come un "film trans", e forse è il modo giusto per descrivere la sua natura ibrida, che mescola finzione e documentario, realtà e immaginazione.

Anhell69 è una coproduzione tra Desvio Visual (Colombia), Monogram Film (Romania), Dublin Films (Francia) e Amerikafilm (Germania). Square Eyes vende il film all'estero.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)


Photogallery 07/09/2022: Venezia 2022 - Anhell69

8 immagini disponibili. Scorri verso sinistra o destra per vederle tutte.

Theo Montoya
© 2022 Dario Caruso for Cineuropa - @studio.photo.dar, Dario Caruso

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